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Per proteggere i propri segreti digitali, molte aziende stanno smettendo di condividere la conoscenza scientifica. Tuttavia, nel tentativo di difendersi dai rischi di attacchi informatici, finiscono per ostacolare la collaborazione e rallentare il progresso

Nel mondo iperconnesso di oggi, le minacce alla cybersecurity non sono più semplici fastidi: stanno ridefinendo il modo in cui le aziende si comportano, innovano e comunicano. Ricerche recenti gettano una luce sorprendente su questo fenomeno, rivelando un impatto invisibile ma potente: le imprese stanno riducendo drasticamente la pubblicazione di ricerche scientifiche per evitare di attirare l’attenzione dei criminali informatici.

È come spegnere la luce del portico per scoraggiare i visitatori indesiderati. Secondo uno studio condotto da me insieme a Christelle Alkhoury, Xiaochi Ge e Christoph Sextroh, le aziende esposte a maggiori minacce informatiche riducono in modo significativo il numero di pubblicazioni scientifiche, di fatto abbassando i riflettori sulla propria proprietà intellettuale. La logica è semplice ma efficace: se diffondi le tue idee più preziose, rischi di attirare l’attenzione sbagliata.

Le violazioni dei dati sono aumentate in modo vertiginoso, sia in frequenza sia in gravità. Un rapporto IBM ha mostrato che nel 2024 il costo medio globale di una singola violazione ha raggiunto la cifra impressionante di 4,88 milioni di dollari. Ancora più preoccupante è il fatto che quasi la metà di queste violazioni ha colpito direttamente la proprietà intellettuale. Con la criminalità informatica che mira sempre più all’innovazione scientifica e tecnologica, molte imprese hanno reagito difensivamente, scegliendo il silenzio invece della condivisione.

Ma cosa significa concretamente diventare più riservati per l’innovazione e per l’economia? Quando le aziende smettono di pubblicare le proprie scoperte scientifiche, l’intero ecosistema dell’innovazione ne risente. Le innovazioni si costruiscono l’una sull’altra: le idee generano nuove invenzioni, attirano investimenti e stimolano la crescita economica. Ridurre le pubblicazioni interrompe questa catena, causando quello che i ricercatori definiscono un “considerevole costo economico indiretto”.

Alcune aziende adottano strategie di disclosure selettiva: pubblicano abbastanza da proteggere le proprie innovazioni dal rischio che vengano rivendicate da altri, ma mantengono i dati più sensibili sotto chiave. In questo modo, controllando strategicamente ciò che rendono pubblico, cercano di gestire il rischio senza rinunciare del tutto ai benefici dell’apertura.

Secondo lo studio, anche una sola violazione informatica in un settore può ridurre significativamente la produzione scientifica, rappresentando una perdita sostanziale di potenziale innovazione e produttività economica. I ricercatori stimano che questo tipo di segretezza costi alla società centinaia di migliaia di dollari per ogni violazione, oltre ai danni finanziari immediati subiti dalle aziende colpite.

Curiosamente, il rischio non è uniforme in tutti i casi. Abbiamo scoperto che quando le violazioni riguardano dati personali, come le password dei dipendenti, le aziende diventano ancora più caute. Sembra che non proteggano solo le proprie idee, ma anche i propri dipendenti, la cui identità, se esposta, può aprire la porta a intrusioni devastanti.

È chiaro che le minacce informatiche stanno ridefinendo il panorama dell’innovazione aziendale. Le imprese diventano più prudenti, cercando di trovare un equilibrio delicato tra la trasparenza necessaria e la segretezza protettiva. I decisori politici affrontano una sfida cruciale: come proteggere gli asset intellettuali senza soffocare l’innovazione.

Un’altra conseguenza nascosta di questa tendenza alla riservatezza è la possibile perdita di talenti. Quando le aziende limitano la trasparenza sulle proprie ricerche scientifiche, diventano luoghi di lavoro meno attraenti per i migliori ricercatori e innovatori, che prosperano nella collaborazione, nel riconoscimento e nello scambio di idee. Ciò potrebbe spingere i talenti più brillanti verso ambienti più aperti, indebolendo involontariamente l’innovazione che le imprese cercano di proteggere.

Inoltre, la crescente segretezza che circonda i progressi scientifici potrebbe erodere la fiducia del pubblico. La trasparenza alimenta la fiducia di investitori, consumatori e partner. Se le aziende iniziano a trattenere troppe informazioni, gli stakeholder potrebbero dubitare del loro impegno verso l’apertura e la responsabilità, con effetti negativi sulla reputazione del marchio e sul successo a lungo termine.

La lezione più ampia è un monito importante: la cybersecurity non è solo una questione tecnologica, ma anche una questione economica fondamentale. Se le aziende si chiudono troppo nel segreto, perdiamo tutti la promessa dell’innovazione. Forse la vera soluzione sta nel rafforzare le difese informatiche e nel migliorare la risposta di imprese e autorità agli attacchi, piuttosto che nascondere i progressi scientifici.

In definitiva, per trovare la strada giusta è necessario che aziende, ricercatori e decisori politici affrontino apertamente i rischi e i benefici della condivisione della conoscenza nell’era digitale.

Martens foto

TIM MARTENS

Università Bocconi
Dipartimento di Accounting