Contatti

Il rosa al top. In azienda

, di Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e Daniela Montemerlo - rispettivamente, titolare cattedra Aidaf-Alberto Falck di strategia delle ziende familari: assistant professor Dipartimento di management e tecnologia; SDA professor di strategia e imprenditorialita'
Un'indagine della cattedra Aidaf sui team di 75 imprese familiari mette in luce le sfide per gli a.d. del gentil sesso

Gli studi sulla diversity di genere sottolineano l'importanza di rafforzare la presenza femminile nel top management, sulla base sia delle peculiarità dello stile di leadership delle donne, riconosciute come particolarmente efficaci nel contesto attuale, che dei positivi riscontri empirici circa le relazioni tra donne al vertice e risultati economici.

Con riguardo alle imprese familiari medie e grandi, le ricerche sulla diversity di genere e sul ruolo e l'efficacia dei top management team sono ancora poche e focalizzate sulle donne appartenenti alle famiglie proprietarie. E non è ancora chiaro se la proprietà familiare favorisca o ostacoli la crescita femminile in ruoli di vertice: secondo alcuni studi, essa offre alle donne maggiori opportunità di carriera e di conciliazione tra carriera e famiglia; secondo altri, essa replica in azienda le gerarchie familiari e rende arduo per le donne l'accesso a ruoli di responsabilità. Appare ambivalente anche il ruolo delle donne nelle aziende familiari (e in verità in tutte le aziende): le donne già al vertice possono favorire l'ascesa di altre, ma non sempre lo fanno.Ci siamo prefissati di andare più a fondo dell'ambivalenza sia della proprietà familiare che delle leader donne. Abbiamo quindi esplorato l'impatto della natura familiare dell'impresa (misurata in termini di quota detenuta dalla famiglia proprietaria e di appartenenza alla famiglia stessa dell'amministratore delegato) e del genere dell'a.d. sul coinvolgimento delle donne, familiari e non, nel team di vertice di 75 imprese familiari con fatturato superiore ai 50 milioni di euro. Tre i risultati principali. In primo luogo, la proprietà familiare è risultata una determinante positiva della presenza delle donne, e soprattutto delle non appartenenti alla famiglia, nel top management team: un'evidenza, questa, del senso di responsabilità che porta tante famiglie proprietarie a premiare il merito indipendentemente dal genere e dal cognome. In secondo luogo, la presenza sia di un amministratore delegato familiare che di un amministratore delegato donna (da notare che tutte le a.d. del campione fanno parte della famiglia proprietaria) appaiono determinanti positive della presenza di donne familiari nel team di vertice. In terzo luogo, gli amministratori delegati familiari determinano in negativo la presenza di donne non familiari, mentre le donne a.d. non hanno alcun impatto su tale presenza. L'ambivalenza sembra dunque chiarirsi per le donne top manager, e aspiranti tali, appartenenti alla proprietà: la natura familiare dell'impresa gioca a loro favore. Non altrettanto chiaro è l'impatto della stessa natura sulla componente femminile non familiare nei team di vertice: la traduzione della cultura familiare in decisioni da parte dell'amministratore delegato familiare sembra sfavorire le donne non appartenenti alla famiglia, forse perché l'a.d. non riesce nei fatti a dare spazio a tutte le donne e dà priorità alle familiari; oppure non ha alcun effetto se l'a.d. è donna, forse anche per una maturità di genere non completa. L'indagine indica alcune sfide importanti: per le donne familiari, non cadere nella trappola dell'autolimitazione e cogliere le opportunità offerte dall'azienda di famiglia; per la proprietà familiare e gli a.d. familiari, tradurre i valori meritocratici in sistemi di recruiting e carriera coerenti; per le donne a.d. aiutare le altre donne meritevoli e sforzarsi di risparmiare loro le difficoltà che esse hanno probabilmente vissuto in prima persona.