Il petrolio in crisi impari dall'industria nucleare
È indubbio che la storia sia caratterizzata da corsi e ricorsi. All'inizio dell'estate, in un dibattito al Senato degli Stati Uniti sul gravissimo disastro nella ormai famigerata piattaforma della British Petroleum, è stata rivolta a George Apostolakis, commissioner della Nuclear Regulatory Commission, la domanda su che cosa differenzi l'industria nucleare dall'industria petrolifera in materia di sicurezza. La risposta è stata: "Il principio della defense in depth, ovvero della difesa in profondità". Tale principio stabilisce la sicurezza come principio fondante del modo di operare di qualunque player dell'industria nucleare. Uno dei dibattiti che sta pervadendo l'analisi dei rischi del nucleare nel Nord America proprio di questi tempi è quello di come misurare la "safety culture", ovvero di trovare degli indicatori che siano in grado di segnalare al regolatore se l'organizzazione nel suo complesso sia improntata alla sicurezza come primo valore o se si stia derogando al principio della defense in depth.
Notiamo anche che tutta l'attività dell'autorità per la sicurezza americana è approntata alla massima trasparenza. Nel caso del nucleare, l'attenzione alla sicurezza è d'obbligo, viste le conseguenze catastrofiche di un incidente.Abbiamo parlato di corsi e ricorsi, perché trent'anni fa, dopo il disastroso incidente di Chernobyl, proprio l'industria nucleare è stata oggetto delle medesime domande a cui è sottoposta oggi l'industria petrolifera, in termini di miglioramenti nella sicurezza. Il problema del risk management è quello di trovare risposte gestionali vaste e, se possibile, definitive al problema. Tra i risk manager circola spesso il seguente aneddoto. Un amico dice all'altro: "Ieri mi sono schiantato contro un albero, però ho imparato. Adesso, quando ripasserò di lì, lo schiverò". E l'altro: "Ma, dopo che hai sterzato, fai attenzione anche agli altri alberi". L'assenza d'incidenti negli ultimi vent'anni sembrerebbe però, con le dovute cautele, segnalare che esperienze estremamente negative quali i disastri di Chernobyl e Three Mile Island siano stati utilizzati dall'industria nucleare per un ripensamento profondo del risk management.L'assenza d'incidenti sta anche riportando la fiducia del pubblico verso il nucleare, tanto che si parla ormai apertamente di nuclear renaissance, con numerosi paesi quali gli Stati Uniti (con 17 dichiarazioni di intenti), Inghilterra, Germania, e Italia pronti a rivedere le proprie scelte.Rispetto agli altri paesi, l'Italia si trova in una posizione al tempo stesso di privilegio e svantaggio. Il privilegio sta nel fatto che, partendo da capo, ha l'opportunità di strutturare il proprio assetto in ambito di industria nucleare adottando direttamente le più attuali best practice. Lo svantaggio sta nel fatto che, anche se in Italia si tratterà di un sistema con dimensioni non paragonabili a quelle statunitensi, quella nucleare è una tecnologia complessa, che va affrontata con la ristrutturazione di un intero sistema, che parte dalla costruzione dell'autorità per la sicurezza, e finisce con la gestione delle scorie.Le scelte devono inoltre essere accompagnate dalla più totale trasparenza sia nella comunicazione passo-passo delle decisioni del ritorno al nucleare, sia poi nella gestione e nella regolamentazione del sistema.L'esperienza americana del deposito di rifiuti radioattivi di Yucca Mountain, con 9 miliardi di dollari bloccati dal dissenso della popolazione locale a progetto quasi concluso, insegna che senza trasparenza la fiducia nel nucleare non si tramuta in accettazione.