Il diritto degli elettori a conoscere chi eleggeranno
In materia di selezione del personale politico, il nostro sistema elettorale si mostra gravemente insoddisfacente. Non tanto, come si dice, a causa delle liste bloccate, quanto per la strutturale mancanza di trasparenza che caratterizza le liste di candidati. Questa è il prodotto di due circostanze: da un lato, la lunghezza media delle liste, composte anche da 40 candidati; dall'altro la possibilità – ampiamente sfruttata – per un candidato di presentarsi in una pluralità di circoscrizioni e scegliere a elezioni avvenute in quale di queste essere eletto.
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Edmondo Mostacci |
Di conseguenza, a un pur volenteroso elettore è sostanzialmente impedito di capire quali sono i potenziali eletti del partito che intende votare e di esprimere il proprio giudizio in merito, magari modificando le proprie preferenze di voto. A ben vedere, la valorizzazione della volontà degli elettori sulla scelta dei propri rappresentanti è un fattore strutturalmente critico nei sistemi elettorali di carattere proporzionale. Qui, lo strumento della lista di candidati è di fatto insostituibile e il suffragio concretamente espresso in favore di una lista è destinato ad assorbire ogni elemento ulteriore. Per esempio, la possibilità di esprimere preferenze risolve solo parzialmente il problema e non è scevra da controindicazioni: per un verso, il voto espresso in favore di una lista non è mai condizionato all'elezione del candidato preferito; dall'altro, pur nella loro attuale crisi, i partiti politici sono in grado di orientare la battaglia delle preferenze in favore dei candidati appoggiati dalla dirigenza, salvo che non si trovino a ospitare nelle proprie liste soggetti in grado di vantare ampie reti di relazioni sociali (come sindacalisti ed esponenti di grandi associazioni, da un lato, come pure accoliti di confraternite di inesistente trasparenza dall'altro) o di mobilitare ingenti risorse economiche in proprio favore. Non è un caso, insomma, se quello delle preferenze è un sistema che incontra scarsa fortuna nel panorama europeo.
L'esempio dei paesi a noi più vicini indica invece strade diverse, che perseguono l'obiettivo di migliorare il personale politico grazie alla trasparenza delle scelte dei partiti che pure mantengono intatta la propria funzione di selezionare le diverse candidature. Così, ad esempio, Spagna, Portogallo e Paesi Bassi utilizzano liste bloccate, apparentemente simili a quelle italiane. Tuttavia, la tendenziale brevità delle liste e l'assenza di candidature multiple rendono chiaro all'elettore chi siano i potenziali eletti. Anzi, per l'elezione, il piccolo novero di candidati diviene la personificazione stessa del partito sul territorio. La versione più netta di questo sistema è, ovviamente, il collegio uninominale, sia associato a raggruppamenti di candidati, su cui effettuare il riparto proporzionale – è il caso delle province in Italia –, sia a formule maggioritarie. In questo caso, l'effetto proiettivo è ottenuto ripartendo una consistente quota di seggi a compensazione del risultato maggioritario. È il sistema tedesco, dove 299 seggi sono assegnati in collegi uninominali e altrettanti nel modo anzidetto, tramite liste bloccate. Al di là delle specificità di ciascun sistema, in tutti questi Paesi l'elettore conosce con buona certezza i potenziali eletti. In questo modo può valutare candidati e partiti, per poi liberamente decidere.