I costi sociali della nebulosa urbana
Spesso, vivendo ogni giorno con un bambino, non ci si rende conto di quanto questi cresca, si sviluppi nel corpo e nello spirito. Poi, d'un tratto, ci si trova dinanzi a misure oggettive, ci si rende conto che il bambino è diventato adulto ed è anche fisicamente più grande. Questa stessa sindrome (una sorta di presbiopia) ha affetto l'Europa quando guardava compiaciuta le proprie città, ritenendole vivibili, sicure e più curate di quelle nordamericane. Poi, all'improvviso, ci si è resi conto che le città europee erano cresciute un po' troppo, ma non in termini economici, bensì in termini di dimensioni fisiche, di spazio costruito. Le città, a sostanziale parità di popolazione, hanno preso a consumare territorio, mosse da una spasmodica fame di suolo che le ha portate a fondersi tra loro. La dispersione urbana (o urban sprawl come questo fenomeno è comunemente conosciuto) è stata causata dalla riduzione dei costi di trasporto dalla residenza e il luogo di lavoro, da mutate preferenze che hanno indotto le famiglie ad acquistare case unifamiliari nelle periferie delle città, dalla scarsa vivibilità di gran parte dei centri urbani.
L'Italia non è stata immune da tale fenomeno, anzi ne è probabilmente l'archetipo con quel continuum di spazio costruito che si estende da Milano verso est, sino a Padova o alle porte di Venezia, tanto da indurre alcuni a parlare di "nebulosa padana" ad identificare l'informe agglomerato urbano tra Lombardia e Veneto.L'aumento delle dimensioni della città non è privo di conseguenze. Vivere nelle periferie significa percorrere più chilometri in auto e, dunque, produrre inquinamento e congestione, e significa anche imporre costi alla collettività per l'urbanizzazione del territorio (si pensi alle spese per la costruzione e manutenzione di strade, per la sicurezza, per l'illuminazione, etc.), solo parzialmente coperti dagli oneri versati nelle casse comunali. Oggi, infatti, chi vuole costruire la propria villetta nel verde delle periferie non incorre in disincentivi economici particolari o in una tassazione stringente. Il costo di una nuova abitazione (oltre al costo di costruzione) è semplicemente pari agli oneri di urbanizzazione, spesso determinati in maniera forfettaria. E, però, negli ultimi anni si è andato rafforzando l'incentivo per le amministrazioni comunali a concedere una quantità eccessiva di permessi di edificare poiché è stato reso possibile utilizzare in larga parte il gettito da oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa di parte corrente. È il territorio che diventa pericolosamente una fonte di introiti per le amministrazioni comunali, ovvero un sollievo finanziario in un periodo di riduzione dei trasferimenti dallo stato centrale. La dispersione urbana è, dunque, un fenomeno che mina alla base la sostenibilità delle nostre città e come tale va gestito, attraverso misure che risolvano (almeno parzialmente) i fallimenti del mercato immobiliare ed eliminino l'incentivo finanziario dei comuni a lasciare che il territorio venga consumato e deturpato. Negli Usa, la lotta all'urban sprawl è uno dei temi dei programmi dei candidati alla presidenza degli ultimi decenni. In Europa, il problema è sul tavolo dei policy maker da pochi anni, e in Italia non lo è ancora, ma forse è giunto il momento di sollecitare una diversa e più oculata gestione del territorio, data anche l'evidente scarsità di suolo ulteriormente edificabile e i preoccupanti problemi ambientali che affliggono le nostre città.