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I colori del braccio della morte

, di Fabio Todesco
I tribunali americani mostrano pregiudizi razziali nei confronti degli imputati appartenenti a minoranze sospettati di avere ucciso un bianco, secondo un approfondito studio di Alberto Alesina ed Eliana La Ferrara basato sulla ricorrenza degli errori giudiziari dei tribunali di primo grado

Se vi dovesse mai capitare di essere coinvolti nel processo per l'omicidio di un bianco negli Stati Uniti, sarà meglio siate bianchi anche voi, soprattutto se il tribunale è in uno stato del Sud. Secondo un nuovo working paper di Alberto Alesina (Harvard University e IGIER) ed Eliana La Ferrara (Dipartimento di Economia e IGIER) (A Test of Racial Bias in Capital Sentencing, IGIER Working Paper n. 387), i tribunali americani di primo grado si accontentano di uno standard di prova inferiore, quando la vittima è un bianco, se l'imputato appartiene a una minoranza etnica. Queste corti, in altre parole, manifestano un pregiudizio razziale nei confronti degli imputati appartenenti a minoranze, sospettati di avere ucciso un bianco. E il trend dipende dagli stati del Sud.

Il pregiudizio razziale è uno degli argomenti tradizionali contro la pena di morte negli Stati Uniti, ma è semplicisticamente sostenuto con affermazioni del tipo "Gli afroamericani sono sovrarappresentati nella popolazione dei condannati a morte" – che potrebbe anche solo significare che il tasso di criminalità è più alto tra gli appartenenti alle minoranze, o che essi possono permettersi avvocati con meno esperienza. Alesina e La Ferrara propongono un rigoroso test del pregiudizio razziale basato sulla distribuzione degli errori giudiziari nei tribunali di primo grado, ovvero i casi in cui una pena di morte inflitta da una corte di livello inferiore viene annullata da quelle superiori. Il punto chiave è che, se il tribunale non nutre pregiudizi, la possibilità di compiere un errore quando si infligge una pena di morte dovrebbe essere la stessa indipendentemente dal fatto che la vittima sia bianca o meno. Cruciale per la validità del test è l'assunzione che, mentre i tribunali di livello inferiore possono nutrire pregiudizi, quelli superiori no – o al massimo possono nutrire minori pregiudizi. "Ciò che non è consentito dal nostro modello", specificano gli autori, "è che i tribunali superiori nutrano pregiudizi di segno opposto a quelli dei tribunali inferiori, perché in questo caso tassi di errore più alti potrebbero essere interpretati come discriminazione inversa anziché come errori dei tribunali inferiori. Non siamo comunque a conoscenza di letteratura che documenti un simile pregiudizio di segno contrario".

Tutte le sentenze di morte, negli Stati Uniti, sono soggette ad appello automatico presso tribunali superiori (appello di primo grado) e, se superano questo stadio, presso ulteriori tribunali d'appello (post-conviction courts) e, in seguito, possono essere riconsiderati nelle richieste federali di habeas corpus.

Raccogliendo dati caso per caso sulla razza delle vittime e degli imputati di tutti i processi d'appello dal 1973 al 1995 (per l'elenco hanno fatto affidamento sul dataset compilato da Fagan e Liebman nel 2002, che non contiene però informazioni razziali), Alesina e La Ferrara analizzano 4.416 casi di appello diretto e 531 di habeas corpus e trovano evidenza compatibile con l'esistenza di pregiudizio razziale da parte dei tribunali inferiori. Nel campione dell'appello diretto, i casi che coinvolgono un imputato appartenente a minoranze evidenziano un tasso di errore del 37,7% se la vittima è bianca e del 34,7% se la vittima appartiene a una minoranza, con una differenza statisticamente significativa di 3 punti percentuali; per i casi arrivati all'habeas corpus i tassi sono rispettivamente del 37,5% e 28,4%, con una differenza statisticamente significativa di 9 punti percentuali. Quando gli imputati sono bianchi le differenze sono di segno opposto ma non sono statisticamente significative.

Nel modello costruito da Alesina e La Ferrara, i tribunali devono minimizzare una media ponderata di due tipi di errore: condannare a morte un imputato innocente (errore di tipo 1) e rilasciare un colpevole (errore di tipo 2) e i risultati del test sono consistenti con un modello in cui, quando la vittima è bianca e l'imputato appartiene a una minoranza etnica, il peso attribuito dai tribunali all'errore di tipo 1 è molto basso.

Dopo avere condotto numerosi test di robustezza, gli studiosi affermano che "il risultato non può essere spiegato dalle differenze in caratteristiche osservabili del crimine o del processo, né dall'orientamento ideologico dei tribunali d'appello".