I club vadano a scuola alla Rinascente
L'Italia ha riscoperto la strategicità delle infrastrutture e degli impianti sportivi per ospitare eventi internazionali. Anche le società sportive potranno beneficiare di nuovi stadi e palazzetti per sposare una nuova concezione dell'evento sportivo e dotarsi di una nuova fonte d'introito. Quattro i punti chiave: gli investimenti, il ruolo della legge, i ricavi e i tifosi.
Primo, gli investimenti. Lo stadio dei Dallas Cowboys (football americano) è costato 825 milioni di euro, Wembley (Londra) 913 milioni di euro, l'Emirates dell'Arsenal, sempre a Londra, 492 milioni. Meno costoso lo stadio del Tottenham che costerà circa 250 milioni di sterline e quello della Juventus che ha impegnerà circa 120 milioni di euro per una sostanziale ricostruzione del Delle Alpi. Per non parlare degli 1,3 miliardi di dollari per il nuovo Yankee Stadium (New York) che sorgerà a pochi passi dallo storico stadio costruito nel 1923 con 2,5 milioni di dollari. Tutte cifre che non considerano solo il costo dell'opera in senso stretto (tribune, campo, spogliatoio), ma fanno anche riferimento a una nuova concezione dell'impianto sportivo da far funzionare 7 giorni su 7. Un impianto di nuova generazione comprende centri commerciali, ristoranti, sale convegni, cinema, palestre, uffici, musei che possano far vivere la struttura quotidianamente sfruttando appieno l'investimento. Un progetto complesso che necessita di un forte coinvolgimento della comunità locale e degli enti pubblici. Secondo, la legge. Ultimamente la Camera ha discusso il disegno di legge Lolli-Butti sul tema dell'impiantistica sportiva. La norma creerà le condizioni per avere canali privilegiati in tema di ammodernamento e costruzioni di impianti sportivi, ma anche per regolare i finanziamenti del Credito sportivo. Secondo molti, i nuovi stadi ci porteranno in Europa, ma ancor di più ci restituiranno la competitività persa in questi anni soprattutto nel calcio, dando ai club un asset importante quale fonte di ricavi e di solidità patrimoniale. Tuttavia, dire nuovo stadio non vuol dire automaticamente nuovi ricavi. Terzo, i ricavi appunto. In Inghilterra, Germania e da sempre negli Usa, per generare ricavi sono stati fatti grandi investimenti in competenze e nuove figure manageriali. Il nuovo stadio diviene un contenitore, spesso guidato da operatori in concessione, che però rimane sotto la responsabilità del club. Non è detto, insomma, che nuovi stadi voglia dire pienone durante la partita o negozi sfruttati al meglio negli altri giorni. Due i punti fondamentali per puntare a flussi di ricavi costanti e significativi. Il primo è cambiare il modello di fruizione dell'evento partita, spostandosi dal prodotto in campo verso il clima e l'esperienza delle famiglie. Il secondo, di conseguenza, è gestire lo stadio multifunzionale come un contenitore esperienziale e non solo come una galleria commerciale. In Italia non esistono esempi d'impianti sportivi gestiti con questa filosofia manageriale, ma certamente si può imparare dal vicino, dai grandi esempi di marchi prestigiosi come La Rinascente o Armani. Quarto, i tifosi. Questi vogliono veramente un club che diversifichi per avere più risorse da spendere in giocatori milionari? Probabilmente sì e quindi i club stanno cercando nuove fonti di ricavi anche per assecondare le nuove direttive Uefa del Financial Fair Play. Ma esiste anche una parte di tifosi che crede nei valori sportivi e vede gli atleti come esempio di lealtà sportiva. Ha senso rendere lo sport un prodotto elitario solo per sponsor e vip? Oggi alcuni tifosi non vanno più allo stadio perché si sono persi questi valori, non perché lo stadio non sia multifunzionale. Forse si potrebbe lavorare più sulle relazioni che un club instaura con le associazioni (riconosciute) dei tifosi, con la comunità, con i turisti e non solo con sponsor e tv. Avere impianti nuovi cambierà questa prospettiva, ma occorre considerare che costruire uno stadio richiede 3-4 anni, per costruire cultura e competenze ce ne vogliono sicuramente di più.