Grande foresta, piccoli alberi
Nella foresta pochi alberi alti e robusti si accompagnano a molti altri più piccoli, ma fondati su sane radici. Molti altri sono gracili, tanto che la loro sopravvivenza dipenderà dalle future condizioni atmosferiche. Non mancano numerosi alberi sradicati dai fortunali che si sono abbattuti da alcuni anni a questa parte nella zona. Non mancano qua e là arbusti e altre piante.
Giorgio Brunetti |
È una rappresentazione del nostro sistema produttivo, frutto dell'antropologia culturale che segna il nostro paese. Così, l'imprenditore tende a non far crescere la sua impresa perché corre il rischio di perderne il controllo. Tanti alberi piccoli. Più opportunista che visionario, prova profonda avversione a mettere i propri soldi in azienda, meglio impiegarli in immobili, preferibile quindi una rendita tranquilla che un profitto, sempre da conquistare, che crea tanti problemi. Grande ricorso, allora, alla banca in un rapporto simbiotico. Il familismo è la regola, i figli, bravi o non bravi, non possono che entrare nell'impresa di famiglia. Il management assume toni familiari più che professionali. La concorrenza non è vista bene, meglio mettersi d'accordo. Più convergenza di interessi alla faccia del fastidioso principio del "conflitto di interessi" di conio anglosassone. Caratteri o mali antichi che non hanno certo impedito a questo sistema produttivo, la foresta, di intercettare con successo i cambiamenti dei gusti, il desiderio di varietà e variabilità che i mercati chiedevano tra il '70 e il '90. Una fase della nostra storia economica che ha trasformato il paese da arretrato e povero in uno dei paesi più smart del mondo intero. Con i suoi distretti industriali (molti piccoli alberi, tra loro vicini, che godevano di caldi raggi di sole), con la sua flessibilità, con l'operosità e lo spirito di iniziativa di molti imprenditori, il sistema produttivo riusciva a sfornare produzioni di qualità e di gusto a prezzi accessibili, sostenute nei mercati esteri pure dalle svalutazioni competitive. Tanta ricchezza si è riversata nel paese, mentre la popolazione invecchiava e le nascite scemavano. Sulla foresta dal 2008 si sono poi scatenati una serie continua di uragani che hanno sradicato molti alberi, diradando molte sue zone. Fuor di metafora, molte imprese hanno chiuso i battenti, attraverso dolorosi processi di fallimento o di liquidazione, qualcun'altra è stata ceduta dato che l'imprenditore per ragioni, spesso di natura personale e familiare, aveva ritenuto opportuno abbandonare. Una dura selezione che ha colpito soprattutto piccole imprese, artigianato, spesso dipendenti dal credito che ha cominciato a scarseggiare. Al contrario, molte altre imprese, pure medie e piccole, hanno saputo reagire cercando di collocarsi in un business network efficace tale da poter operare in un'arena competitiva internazionale, mettendo meglio a punto una "proposta di valore" in grado di offrire un vero vantaggio competitivo e intervenendo sulla struttura per renderla più flessibile, contando su un gruppo di collaboratori coeso e motivato in grado di produrre innovazione e di affrontare i mercati con determinazione e fantasia. Una strategia quindi prevalentemente di differenziazione, posizionandosi in segmenti di domanda che riconoscono la qualità del prodotto, con una estensione geografica verso i paesi esteri fino a quelli emergenti dove la demografia è in forte espansione e con essa lo sviluppo. Nei beni di consumo si lavora sulla funzionalità del prodotto, sulle innovazioni d'uso, sul design e su altri contenuti immateriali, in quelli intermedi si tende al costante aggiornamento del livello tecnico del prodotto, ovvero alla sua capacità di risolvere in modo efficiente ed efficace i problemi del loro cliente. Si opera mescolando assieme tecnologie diverse e nel contempo si rinforza il rapporto con il cliente sia nella prevendita, per anticipare le sue richieste specifiche, che nell'assistenza postvendita. Sono queste medie e piccole aziende i campioni a scala ridotta che si accompagnano ai campioni citati da Severino Salvemini in un articolo di diverse settimane fa (17 ottobre) sul Corriere della Sera. Tuttavia la foresta con questi fortunali ha ampie zone di alberi abbattuti. Una deforestazione che ha bisogno di interventi per la sanità e la vitalità della stessa foresta. Da qui la necessità dell'intervento della politica per ricreare le condizioni per la crescita. Un sistema bancario efficace, una giustizia che funziona, una riforma della burocrazia, una politica di immigrazione volta all'accoglienza, una tassazione equa e così via, nonché la messa in funzione di nuovi "motori di sviluppo", rivitalizzando gli arbusti e le altre piante, (turismo, cultura, cura degli anziani, edilizia ecocompatibile, ecc.) che diano un futuro al nostro Paese. Come si nota, macro e micro economia collegate tra loro, utili per comprendere la realtà e per agire in modo efficace.