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Flexsecurity sì, ma alla latina

, di Tito Boeri e Pietro Garibaldi - rispettivamente professore ordinario di economia del lavoro alla Bocconi e responsabile degli studi sul lavoro della Fondazione Debenedetti
Economia e società aperta: Italia e Francia faccia a faccia con le sfide del mercato del lavoro

In un mercato del lavoro duale la formazione in azienda è penalizzata. All'azienda non conviene investire nella formazione professionale di un dipendente con un orizzonte di impiego incerto, perché è più difficile esser sicuri di ammortizzare i costi della formazione. E non conviene neanche al lavoratore investire per imparare mansioni e tecniche specifiche di quella azienda. Se cambia lavoro, tutto questa fatica sarà inutile.

Per migliorare la posizione dei giovani nel mercato del lavoro, aumentare la formazione in azienda e valorizzare il ruolo degi over 50, è dunque necessario soprattutto riformare la fase di ingresso nel mercato del lavoro. Mantenere la flessibilità delle imprese nell'assumere lavoratori per non ridurre il tasso di creazione di posti di lavoro e garantire ai nuovi lavoratori in entrata orizzonti lunghi nel mercato del lavoro. Ma come fare?

Bisogna smetterla di creare nuove figure contrattuali flessibili, atipiche, in cui i giovani inevitabilmente finiscono per essere segregati e riformare i contratti tipici, quelli a tempo indeterminato, puntando a farli diventare il canale principale di ingresso, a tutte le età. I contratti a tempo indeterminato devono definire un percorso di entrata – e rientrata – che non comporti salti nel vuoto per il lavoratore e non dissuada i datori di lavoro dalle assunzioni. È giusto garantire una certa flessibilità all'azienda in entrata, per meglio valutare le qualità del lavoratore e ridurla man mano che aumenta l'anzianità aziendale, il tutto senza dover cambiare il contratto. Meno segmenti differenziati creiamo, minore è il rischio di segregazione. Tutto deve avvenire nell'ambito di un unico contratto a tempo indeterminato.

Sia in Francia che in Italia sono state avanzate proposte il cui comune denominatore è quello di consentire una certa flessibilità in entrata. Questa consente al datore di lavoro di valutare le attitudini e la qualità del lavoratore. Le tutele contro il licenziamento disciplinare e discriminatorio aumentano man mano che datore di lavoro e lavoratore investono in capitale umano specifico all'azienda. Per l'azienda, che ha già investito nel capitale umano del lavoratore, sarebbe comunque molto costoso interrompere il rapporto di lavoro. Quindi, questa forte protezione dell'impiego non è un deterrente alle assunzioni, non rischia di dissuadere il datore di lavoro dall'assumere il lavoratore fin dall'inizio con un contratto che non ha limiti di tempo, che non ha scadenza.

I contratti temporanei dovrebbero invece essere utilizzati soltanto per prestazioni lavorative veramente a termine, riducendone la durata massima a due anni e imponendo ai datori di lavoro che li utilizzano il pagamento di contributi più elevati per l'assicurazione contro la disoccupazione. Questo perché chi è assunto con contratti a termine ha più probabilità di diventare disoccupato. Il datore di lavoro deve perciò contribuire a coprire questo rischio, più di quanto avvenga con altri contratti. Altrimenti il costo della flessibilità graverà solo sui contribuenti.

L'obiettivo del panel Flexsecurity alla latina: un mercato del lavoro flessibile ma che dia sicurezza professionale ai più svantaggiati è quello di saggiare le reazioni delle parti sociali in Francia e in Italia a queste proposte.