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Federico ad Haiti, dallo stage scomodo al lavoro per l'Undp

, di Claudio Todesco
Lo Giudice, laureato di 26 anni, invita a cogliere l'occasione dei bandi per i paesi piu' complessi: L'esperienza in un country office e' ricca di soddisfazioni

Vive in un appartamento a Port-au-Prince dove l'acqua arriva con le autobotti e l'elettricità è assicurata da un generatore. Per evitare il caos del traffico cittadino, lui e i suoi colleghi utilizzano la stessa auto in carpooling per raggiungere la sede del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp). I piccoli disagi non spaventano Federico Lo Giudice, 26 anni, cresciuto in un paese del novarese con meno di mille abitanti. Sei mesi fa ha scelto di andare ad Haiti per toccare con mano cosa vuol dire realizzare sviluppo economico e sociale. "Haiti ti conferisce un diverso punto di vista sul mondo", dice. "È la prima nazione nella storia formata da schiavi liberati, che si sono rivoltati contro i francesi negli stessi anni della rivoluzione francese. Ha una cultura ricchissima, ma è un paese vulnerabile, con alti livelli di disuguaglianza sociale. È grande come la Lombardia, ma 33 volte più povera. Noi europei abbiamo dimenticato di avere una storia legata a doppio filo con queste realtà apparentemente lontanissime".

Lo Giudice ha sempre aspirato a lavorare sul campo. Dopo la laurea in Scienze politiche e un Erasmus a Parigi, frequenta il Corso di laurea magistrale in Economia e management delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali (Clapi), "un'esperienza molto utile". Uno stage lo porta a New York presso l'International Institute for Democracy and Electoral Assistance. "Partecipare alle fasi finali delle negoziazioni per l'approvazione dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, all'Onu, è stata un'esperienza formativa impagabile". Attraverso il career Service della Bocconi, ad agosto 2015 ha partecipato a un bando per uno stage presso la sede Undp di Haiti. Era l'occasione che stava aspettando. E così nell'ottobre 2015 ha comnciato a lavorare a Port-Au-Prince. Con la supervisione della responsabile dell'Unità di riduzione della povertà, ha lavorato in un team, occupandosi di temi di sviluppo come la povertà multidimensionale e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Alla fine dei tre mesi di stage, ha ottenuto un contratto da consulente di un anno nell'ufficio della senior country director dell'Undp ad Haiti. Oggi sta partecipando alla redazione del documento di pianificazione dello sviluppo di Haiti per i prossimi cinque anni.

L'esperienza ad Haiti ha rinforzato la sua fiducia nell'effetto positivo che le organizzazioni internazionali possono avere sulla società. "Siamo talmente disillusi che neanche proviamo a fare qualcosa di concreto. E invece penso che sia importante agire e dimostrare che il cambiamento è possibile. Anche svolgendo un piccolo ruolo in un'agenzia dell'Onu so che contribuisco a fare la differenza e mi sento realizzato – una sensazione che penso si possa avere solo lavorando sul campo". Eppure bandi come quello a cui ha risposto Lo Giudice a volte rischiano di andare a vuoto. "E in parte lo capisco. Bisogna riflettere a lungo prima di partire per un paese dove le condizioni di sicurezza non sono ottimali e lo standard di vita non è quello occidentale. Ho visto persone arrivare ad Haiti e partire in fretta, incapaci di adattarsi e confrontarsi con la diversità. Devi essere pronto ad affrontare un certo livello di complessità, umana e professionale. Devi avere la voglia di scoprire, imparare, comprendere. Non si può fare sviluppo da migliaia di chilometri di distanza".