Europa, salvati
L'atteggiamento di Bruxelles negli ultimi drammatici sviluppi della questione greca ricorda purtroppo il famoso detto romano: "Mentre a Roma si discute, Sagunto è conquistata dai Cartaginesi" ( lapidariamente: Dum Romae loquitur, Saguntum expugnatur).
I cittadini europei assistono con sgomento, rabbia e impotenza al rischio crescente di disfacimento di una Unione che è frutto di un processo di portata storica, solennemente dichiarato e sentito come irreversibile da oltre cinquanta anni. Un "processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa", i cui passi ulteriori devono mirare allo "sviluppo dell'integrazione europea", come recita il preambolo del Trattato dell'Unione nella sua più recente versione di Lisbona di neanche cinque anni fa, non alla sua liquidazione. Ci si attenderebbe dunque che i leader delle istituzioni europee, in primo luogo Barroso, presidente della Commissione, e poi Van Rompuy, presidente del Consiglio, Juncker presidente dell'eurogruppo, Schultz, presidente del Parlamento europeo accorressero ad Atene. Che ai piedi del Partenone assistessero giorno e notte il presidente Papoulias a formare un governo in grado di assicurare la navicella greca a rischio di affondamento nel sicuro porto delle istituzioni comuni. Mostrando così al popolo ellenico che gli altri popoli europei sono al suo fianco. Come ai tempi della lotta greca per l'indipendenza dall'Impero Ottomano duecento anni fa; così come fecero gli Stati Uniti, in armi per la libertà dell'Europa in due guerre mondiali. Se ne stanno invece nei palazzi di Bruxelles a impartire lezioni sul rigoroso rispetto degli accordi economici finanziari, minacciando altrimenti di "scaricare" la Grecia alla faccia della solidarietà europea. Non latitano colpevolmente solo i vertici delle istituzioni europee. Le maggiori capitali fanno nel frattempo piani per l'uscita " ordinata" della Grecia dell'euro, come se tutte le analisi non indicassero che una tale uscita è impossibile, che le perdite per banche e risparmiatori sarebbero colossali (e non solo in Europa), col rischio di minare la credibilità degli altri paesi euro in difficoltà. Quanto poi al direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, la francese Christine Lagarde, sostenuta dai paesi europei per quella posizione proprio perché doveva essere particolarmente sensibile ai problemi della zona euro, invece di contrastare la speculazione internazionale e assicurare il pieno sostegno del Fondo, si accoda ai profeti di sventura che si mettono in cattedra nei confronti di Atene. Bisogna ricordare che i Trattati europei non prevedono nessuna uscita dell'euro, né "ordinata", né consensuale, né mediante estromissione di un paese dalla moneta comune. E che i Greci non vogliono uscire dall'Unione europea, dalla quale non è possibile, per fortuna, essere espulsi. Nessuno può credere che, se si tornasse alle monete nazionali, il mercato interno europeo ( il vecchio "mercato comune") in cui liberamente circolano beni, servizi, persone e capitali non ne soffrirebbe in maniera decisiva. Il crollo del potere d'acquisto delle famiglie, la disoccupazione, la creazione di frontiere e barriere protezionistiche intra europee sarebbero dietro l'angolo. Quello che potrebbe succedere dopo ce lo ha insegnato la Germania di Weimar ( sempre che a Berlino la lezione non sia stata dimenticata). E' questo che la nostra generazione, cresciuta nel clima di sicurezza e ottimismo che dobbiamo ai padri fondatori della Comunità europea, sviluppatasi poi grazie alla visione di Altiero Spinelli e Jacques Delors, vuole lasciare in eredità ai suoi figli? Un gruppo di paesi disuniti e smarriti, un' Europa che rinunci ad avere alcun peso nel mondo globale multipolare, dove prenderanno il nostro posto e detteranno legge nuove potenze emergenti, spesso incuranti dei nostri valori di democrazia e dei diritti umani? Europa salva te stessa oggi, domani potrebbe essere troppo tardi!