Energia. Bisogna tassare quella sporca
Il nuovo governo italiano eredita una realtà in cui il problema dell'energia è sempre più connesso con altri, diversi e talvolta distanti tra loro. In primo luogo, la nostra dipendenza dall'estero nell'approvvigionamento dei combustibili fossili, con ciò che comporta per le nostre relazioni internazionali. In secondo luogo, gli effetti opposti che sul costo dei diversi fossili esercitano le nuove tecnologie di perforazione orizzontale (che rendono accessibili nuove risorse diminuendone il prezzo, vedi il caso shale gas negli Usa), in contrasto con la limitatezza e la distribuzione delle medesime risorse (che inesorabilmente ha comportato prezzi in crescita sul lungo periodo). Terzo, l'incombente e salutare presenza di una volontà europea, forse presto appoggiata anche dagli Stati Uniti, di muoversi verso una decarbonizzazione dell'energia (riduzione delle emissioni di biossido di carbonio). Questi sono tre fattori di lungo, lunghissimo respiro, in netto contrasto con la natura miope della maggior parte delle scelte politiche fatte dal nostro paese.
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Valentina Bosetti |
Molti economisti pensano che una chiave per rendere più appetibili scelte energetiche di lungo periodo che ci rendano meno dipendenti dai combustibili fossili stia in una virtuosa sinergia tra il fabbisogno delle casse pubbliche e la necessità di spronare l'innovazione come motore di crescita e di occupazione, il che significa per esempio un sistema di tassazione verde (carbon tax) come quello adottato dall'Irlanda. Questa scuola di pensiero ritiene che tassare il biossido di carbonio sia il modo più efficiente per risolvere il problema del cambiamento climatico. Le potenziali entrate possono così produrre un doppio beneficio: flusso di denaro in entrata per lo Stato e incentivo a innovare e ridurre le emissioni. Si tratta di un cavallo di battaglia di alcuni economisti già dagli anni Novanta e si sta affermando anche in circoli lontani dalle questioni ambientali (si veda il rapporto dello Fmi, Fiscal Policy to Mitigate Climate Change: A Guide for Policymakers).
Quali sono i vantaggi della carbon tax? Il primo è quello di ridurre l'utilizzo dei combustibili tassandone il principale by-product, la CO2. La tassa quindi punisce in modo maggiore l'utilizzo di combustibili più ricchi in carbonio, in ordine decrescente: carbone, petrolio e gas. Questa scelta ci metterebbe in linea con i vincoli europei. Ma una tassa verde avrebbe anche un effetto benefico di tipo dinamico. Le imprese, per ridurre la pressione indotta dalla tassa verde, sarebbero spinte a promuovere l'innovazione e adottare tecnologie pulite. Si tratta di un settore strategico per il quale l'Italia detiene ancora un margine di vantaggio, su alcune tecnologie, rispetto ad altri paesi.
Ma, come abbiamo visto, non è tutto. Una tassa ambientale crea nuove entrate, che possono essere utilizzate per stimolare ricerca e sviluppo, ad esempio detassando gli investimenti in ricerca pulita delle imprese, facilitando la certificazione di brevetti "verdi" o finanziando alcune specifiche tecnologie. Ma soprattutto questi fondi possono essere utilizzati per tasse che abbiano effetti correttivi rispetto ad alcune distorsioni del sistema: per esempio riducendo la pressione fiscale su chi sta più soffrendo dell'attuale crisi, i giovani, con sgravi per le imprese che assumono.
L'Italia è già parte di un sistema di regolazione delle emissioni (European emission trading scheme, Eu Ets) basato su un meccanismo di quote che possono essere scambiate sul mercato europeo. L'introduzione di una tassa andrebbe a interagire con questo meccanismo. Va però notato che la maggior parte dei permessi di emissione che vengono scambiati nell'Eu Ets sono "regalati" alle imprese e quindi non generano nessuna entrata. Il sistema ha l'obiettivo primario di permettere alle aziende, tramite lo scambio di permessi, di distribuire gli sforzi di riduzione delle emissioni in modo efficiente. Inoltre l'attuale prezzo sul mercato europeo dei permessi è praticamente zero. Questo è il risultato di due fattori: il primo consiste nel fatto che l'obiettivo di riduzione delle emissioni, che determina il numero totale di permessi in circolo sul mercato, è molto moderato e quindi i permessi in circolo sono molti; il secondo è la crisi economica, che ha rallentato la crescita delle emissioni in tutta Europa e quindi la domanda di tali permessi. Una tassa verde creerebbe quello stimolo di lungo periodo per ridurre le emissioni e fare avanzare l'innovazione, mitigando l'incertezza associata al futuro delle politiche climatiche internazionali.