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Dopo le riforme, l'attuazione

, di Daniela Cristofoli e Maria Cucciniello - ricercatrici dell'Osservatorio sul cambiamento delle amministrazioni pubbliche della Sda Bocconi
Passare dalle buone intenzioni ai cambaimenti reali

In tutti i paesi membri dell'Ocse, le riforme amministrative degli ultimi 15 anni hanno introdotto innovazioni rivolte a migliorare l'efficienza delle amministrazioni pubbliche e ad ottenere risultati più vicini alle aspettative degli utenti, come sottolinea il recente rapporto Modernising government: the way forward, dalla cui traduzione prende le mosse il Primo quaderno 2008 dell'Ocap, l'Osservatorio sul cambiamento delle amministrazioni pubbliche della Sda Bocconi.

In Italia, tuttavia, gli effetti di queste riforme non sono percepiti chiaramente dai mass media, dai cittadini, dall'opinione pubblica e dagli stessi operatori della pubblica amministrazione. A partire da questa constatazione, i ricercatori Ocap hanno condotto un approfondimento sulla situazione nazionale, in particolare attraverso un'indagine sullo stato dell'arte nei 104 comuni italiani capoluogo di provincia. Allineati sui principi di riforma, ma deboli nell'attuazione. Questo è il dato di sintesi che emerge dall'analisi condotta. Enti che hanno sposato appieno le istanze di modernizzazione e i nuovi valori di servizio al cittadino ed orientamento ai risultati, restano in realtà spesso intrappolati in complicati processi decisionali, farraginosità, lentezze e resistenze interne al cambiamento.

Come passare, quindi, dalle buone intenzioni ai cambiamenti reali? A differenza del passato, probabilmente, non c'è granché di nuovo da inventare. Si tratta, piuttosto, di mettere in pratica le linee di modernizzazione tracciate, superando le ambiguità interpretative e le forme di resistenza di culture ed assetti di potere consolidati.

In particolare, dalla ricerca emerge chiaramente un deficit di orientamento manageriale dei comuni italiani, più aperti di un tempo all'innovazione, all'ascolto e al coinvolgimento dei cittadini, ma tuttora in ritardo nell'adeguamento delle modalità di gestione.

Non a caso, le due dimensioni che si evidenziano come più arretrate sono proprio quelle della razionalizzazione degli assetti organizzativi e della revisione delle politiche del personale, sia pure con alcune rilevanti eccezioni e con una certa diversificazione su base geografica a sfavore degli enti del Sud.

Ma strutture e modalità di funzionamento più snelle e flessibili, processi decisionali più trasparenti e veloci, l'introduzione di vere logiche meritocratiche, il rilancio della motivazione, del commitment, dell'orgoglio e del senso di appartenenza dei dipendenti pubblici, sono condizioni imprescindibili per attuare il cambiamento e migliorare i risultati prodotti. Tutto questo non passa, e non può passare, attraverso nuove evoluzioni del quadro normativo o rinnovate linee di indirizzo generale. È necessario, piuttosto, uno specifico investimento delle singole amministrazioni per l'innovazione dei modelli organizzativi e la creazione di nuove culture e competenze. La responsabilità del cambiamento, in altri termini, si sposta dal centro alla periferia, chiamando in gioco la capacità dei diversi enti di creare le condizioni per attuare l'innovazione.

Non servono, quindi, nuove riforme, ci vuole più management. In assenza di questo, la nostra pubblica amministrazione continuerà ad essere frontiera dell'innovazione formale e fanalino di coda dei cambiamenti reali.