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Dopo la crisi dei mutui subprime dobbiamo tornare a valutare il rischio

, di Pier Luigi Fabrizi - ordinario di economia del mercato mobiliare e docente di sistema finanziario alla Bocconi
In discussione le capacità allocative dei mercati e le abilità operative degli intermediari

La recente crisi dei mutui subprime ha suscitato commenti di varia natura. Sull'argomento è stato detto quasi tutto, ma forse si devono ancora approfondire i dubbi che la crisi ha aperto su alcuni classici temi della teoria finanziaria.

Il primo riferimento riguarda il tema della valutazione del merito del credito. Un elementoall'origine della crisi in esame, infatti, deve essere per forza di cose identificato nelle carenze che hanno caratterizzato il processo di misurazione e di gestione del rischio d'insolvenza. Un attento e rigoroso procedere nella materia avrebbe certamente evitato ab ovo il sorgere del fenomeno. Difficile, peraltro, appare l'individuazione dei soggetti a cui attribuire la responsabilità delle patologie emerse. I colpevoli, infatti, vanno individuati sia negli intermediari creditizi che hanno concesso i mutui subprime, sia nei mercati mobiliari che hanno consentito lo smobilizzo e il finanziamento degli stessi mutui.

Gli intermediari hanno certamente compiuto errori di leggerezza, inammissibili per una categoria di aziende istituzionalmente preposta alla gestione dei rischi. A determinare questi errori, peraltro, ha contribuito la certezza del successivo smobilizzo dei mutui e, quindi, della trasferibilità dei rischi creditizi assunti.

Venendo ai mercati mobiliari, è altrettanto chiaro che al loro interno né gli acquirenti dei titoli emessi a fronte dei mutui cartolarizzati, né le agenzie preposte all'attribuzione del rating ai titoli in questione hanno dimostrato di saper correttamente apprezzare la portata dei rischi.

In buona sostanza, ha manifestato grosse falle il meccanismo di scomposizione della funzione creditizia che, secondo la teoria, dovrebbe accompagnare la transizione dell'esercizio di tale funzione dagli intermediari creditizi ai mercati mobiliari. Questi ultimi, infatti, dovrebbero avere la capacità di smembrare tale funzione, ripartendola tra gli investitori da un lato e gli intermediari mobiliari e le agenzie di rating dall'altro. In particolare, agli investitori spetterebbe il compito di apprezzare il rischio di insolvenza e agli intermediari e alle agenzie la funzione di produrre ediffondere le informazioni in maniera da ridurre le inevitabili asimmetrie informative.

Tali mancanze portano al quesito di fondo attinente la diversa capacità degli intermediarie dei mercati di valutare e di gestire il rischio di credito. In linea generale, la teoriaattribuisce ai primi una maggiore efficienza operativa collegata allo loro specializzazione e ai secondi una maggiore efficienza allocativa determinata dalla loro attitudine a formare prezzi più significativi. Ebbene, anche da questo punto di vista l'esperienza dei mutui ha messo in crisi entrambi i paradigmi, portando a ipotizzare che le presunte maggiori abilità operative degli intermediari possono venir meno a seguito di un indebolimento del rigore dei processi valutativi, così come le presunte maggiori abilità allocative dei mercati possono evaporare a causa di inefficienze riguardanti la produzione e la circolazione dell'informazione. Nel caso dei mercati, inoltre, tali inefficienze potrebbero essere favorite dalla presenza di fenomeni di eccesso di innovazione finanziaria e di contaminazione da processi incontrollati di internazionalizzazione e di globalizzazione.

Tutto ciò dovrebbe anche far riconsiderare l'enfasi con la quale spesso vengono portate avanti le esortazioni all'intensificazione delle logiche del mercato. Da questa esperienza emerge con chiarezza che lo sviluppo dei mercati mobiliari è bene che avvenga in maniera graduale, salvaguardando il ruolo degli intermediari creditizi nell'esercizio delle loro tipiche funzioni creditizia e monetaria, assicurando l'opportuno supporto di intermediari mobiliari indipendenti e qualificati, garantendo la presenza di società di rating capaci di percepire la valenza e l'entità dei rischi e, in ultimo, sotto l'attenta e costante regia delle autorità di controllo.