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Crisi, l'impresa sociale scende in campo

, di Giorgio Fiorentini
Grazie a newco con il coinvolgimento dei dipendenti aumentano le aziende che escono dal tunnel e ripartono

Il non profit salva il profit in crisi. In un contesto di disoccupazione che morde drammaticamente l'assetto economico italiano, è necessaria una politica attiva del lavoro che esca dalla retorica dell'analisi della crisi per entrare in una fase in cui ci si sporca le mani, creando opportunità di occupazione.

In Bocconi abbiamo studiato e proposto ad alcune aziende un modello di intervento ove l'azienda non profit interviene sulle profit in crisi. In laboratorio ci sono casi concreti: un'azienda tessile di 44 persone che non hanno più l'ossigeno degli ammortizzatori sociali e che devono trovare una collocazione in un nuovo mercato (proposta e business plan di un ostello low cost e vendita prodotti tramite cargo bike nell'adiacente parco di 3.000 ettari); un'azienda elettronica con 205 dipendenti, alla deriva per il fallimento della casa madre francese (in questo caso esiste ancora mercato, ma bisogna trovare un assetto giuridico funzionale che dia fiducia di continuità di produzione ai clienti); un'azienda di conduzione di fondi agricoli, specializzata in prati e fondi erbosi con 92 dipendenti, che non rientra dai debiti delle banche a causa dei pagamenti della PA che non sono stati onorati a causa del Patto di stabilità. Normale cronaca di disoccupazione quotidiana. Per far fronte a questo mattinale drammatico si possono attivare progetti di salvataggio ove le imprese sociali non profit (rescue company), come newco, coinvolgono i dipendenti e rilanciano l'attività economica. In primis bisogna individuare le pmi in crisi che hanno richiesto la cig (cassa integrazione guadagni), la cigs (cassa integrazione guadagni straordinaria) e la mobilità ed esauriti gli ammortizzatori hanno solo l'alternativa della disoccupazione. Evitando l'intervento di restructuring, spesso solo opportunistico e speculativo e orientato a far dimagrire l'impresa in crisi (leggasi licenziamento). L'impresa sociale non profit può essere sia un'impresa sociale ex lege (L.118/05,D.Lgs.155/06), sia una cooperativa sociale di tipo B (attività diverse dai servizi socio-sanitari, con finalità di reinserimento di persone svantaggiate), fondamentali per poter reintegrare i dipendenti, considerati fasce deboli. I dipendenti, poi, possono diventare proprietari con quote di governance proporzionali all'investimento effettuato (nel caso dell'impresa sociale srl senza distribuzione di utili), oppure soci della cooperativa sociale. Il modello è semplice: la rescue company è costituita dal modello spin-off stakeholders-shareholders in cui si crea una newco, impresa sociale con il ruolo di holding, di proprietà dei dipendenti in crisi occupazionale. Questa impresa sociale sarà, a sua volta, proprietaria di una srl tradizionale (con distribuzione di utili) il cui capitale è conferito dai lavoratori, fondazioni, enti pubblici, investitori privati che immettono capitali per raggiungere risultati di profitto con un pay-out ratio non speculativo. La governance in questo modello è distribuita in modo equo e considera il ruolo della holding nella sua funzione di ammortizzatore di eventuali spinte speculative ed opportunistiche di investitori privati, ma garantisce anche un' alta attrattività per gli investitori creando quindi le condizioni per lo sviluppo di un capitale di investimento di start-up. Ci sono già casi di questo nuovo sistema, come ArtLining, Vetrerie Empolesi, Italtact, D&C Modelleria, Infissi Design. Forse vale la pena accettare la sfida.