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Così distruggiamo anche l’ultima spiaggia

, di Francesco Bertolini - docente del Master in economia e management dell'energia e dell'ambiente
Globalizzazione: esportiamo un modello che ci piace sempre meno in luoghi e comunità con valori diversi

Il mondo animale interagisce con l'ambiente esterno e attraverso questa interazione integra la componente istintiva e la capacità innata di rispondere alle situazioni. Dall'interazione di questi due fattori nasce il motore dell'apprendimento che, utilizzato in una prima fase di crescita, segna per tutta la vita il carattere dell'animale.

L'apprendimento è uno degli aspetti fondamentali anche per il genere umano, ma purtroppo la componente istintiva, naturale, è ormai stata relegata ad aspetto da limitare, contenere come negativa e in ultima analisi da eliminare.

La conseguenza di questa nuova psicologia collettiva sta portando il mondo occidentale verso un sistema sempre più distaccato dalla componente naturale, che ne rappresentava il fondamentale contraltare rispetto alla razionalità meccanicistica che lo governa da due secoli a questa parte. E si tende a trasferire questo approccio a ogni angolo del mondo che finora ha provato a resistere, a vivere tenendo conto dei ritmi della natura e dei meravigliosi aspetti irrazionali della vita; ma lo sviluppo deve avanzare, lo sviluppo locale potrà portare benessere a queste popolazioni, sia che si trovino in Mauritania, sia che si trovino in qualche vallata delle nostre Alpi o del Sud del nostro paese.

Il concetto è semplice: infrastrutture per consentire una maggiore mobilità, che a sua volta può generare spostamenti più rapidi delle persone e delle merci, in modo da poter valorizzare le risorse e i prodotti del territorio e favorire il turismo in quella povera e sperduta valle o in quel "disgraziato paese" del sud del mondo dove finora la gente ha vissuto con un dollaro al giorno. Ma che senso ha usare i nostri parametri per luoghi e culture che hanno parametri completamente diversi e che hanno sempre vissuto con modelli di autoproduzione e consumo e con rapporti sociali legati a valori diversi rispetto ai nostri? La risposta è una sola: il modello globalizzato deve aumentare la produzione, deve crescere e quindi necessita di nuovi consumatori e di nuovi territori da distruggere. Quante volte sentiamo dire che la spesa pubblica può servire da volano per rilanciare i consumi: questa affermazione è, per chi guarda la situazione ambientale come parametro vitale del benessere individuale e collettivo, demenziale.

Si costruiscono dighe per produrre nuova energia, autostrade per muoverci più rapidamente, centri commerciali per facilitare i consumi, spesso di prodotti inutili che non soddisfano nessun bisogno ma che hanno come risultato il saccheggio delle risorse naturali.

Un mondo sempre più artificiale non potrà che peggiorare ulteriormente la nostra salute, fisica e mentale, ma anche a questo vi è rimedio: ospedali e cliniche private con nuove e più straordinarie tecnologie potranno curare le malattie del benessere, e cioè cancro, malattie cardiovascolari e comportamenti cosiddetti deviati, perché nel nostro sistema qualunque chiodo esca dal muro deve essere il prima possibile rimesso a posto, non deve essere modificato il quadro d'insieme. Il bene deve essere allineato, solo il male è disordinato e fuori dalle righe. Così si viene formati a scuola, a tutti i livelli, fino ad arrivare a master in cui l'obiettivo è l'annientamento del nemico concorrente e la ricerca massima dell'efficienza, per poter poi concedersi qualche giorno di vacanza in qualche paradiso lontano, completamente diverso da ciò che si contribuisce a creare, con i nostri comportamenti professionali e di consumo, nei paesi in cui viviamo. E andando in questi posti non si fa altro che contribuire a trasferirvi le nostre abitudini e i nostri modelli di produzione e consumo, con l'effetto di distruggere anche questi angoli che costituivano una piccola via di fuga da un mondo che, ai più, piace sempre meno. Non si capirebbe altrimenti la continua ricerca di fuga dalle nostre città, come se avessimo costruito delle galere che ci impongono la ricerca della libertà.

È quindi da ricercare nell'immaginario collettivo che abbiamo creato la soluzione per la sostenibilità del pianeta.