
Cosa ha acceso la miccia?
Dopo due decenni di inflazione bassa e stabile intorno al 2%, la ripresa post-Covid ha innescato un’impennata inflazionistica che non si vedeva dagli anni Settanta. L’inflazione ha raggiunto un picco del 9,1% negli Stati Uniti (giugno 2022) e quasi l’11% nell’area euro (ottobre 2022), per poi tornare gradualmente verso i livelli obiettivo entro la fine del 2023.
Fin dall’inizio, le dinamiche del mercato del lavoro hanno occupato un ruolo centrale nel dibattito, sia politico sia accademico. Questo aumento dei prezzi è stato causato dalla scarsità di manodopera — e se sì, attraverso quali meccanismi? Oppure è stata l’inflazione stessa a condizionare l’evoluzione del mercato del lavoro?
Al cuore di queste domande c’è la “tightness” del mercato del lavoro, solitamente misurata dal rapporto tra posti vacanti e disoccupati (il rapporto V/U). Questo indicatore è alla base di due relazioni macroeconomiche fondamentali. La curva di Beveridge descrive il legame inverso tra disoccupazione e posti vacanti: nelle fasi di espansione, le imprese pubblicano più offerte per soddisfare la domanda crescente, riducendo la disoccupazione e aumentando la tightness. La curva di Phillips, invece, collega la tightness all’inflazione: quando la domanda cresce e i mercati del lavoro si irrigidiscono, le imprese devono offrire salari più alti per attrarre lavoratori — aumentando i costi del lavoro e, alla fine, i prezzi.
Entrambe le curve possono spostarsi per fattori di offerta o strutturali. Ad esempio, se diventa più difficile coprire le posizioni aperte — a causa di disallineamenti di competenze, dimissioni o minore partecipazione al lavoro — la tightness può aumentare anche a parità di disoccupazione. Allo stesso modo, l’inflazione può crescere per un dato livello di tightness se shock dal lato dell’offerta spingono al rialzo i costi.
In questo quadro, sono emerse tre narrazioni alternative per spiegare il legame tra inflazione e condizioni del mercato del lavoro.
1. Shock di offerta hanno innescato l’inflazione; la tightness è arrivata dopo
L’inflazione è aumentata inizialmente per una combinazione di shock: interruzioni delle catene di fornitura, spostamento dei consumi dai servizi ai beni, riapertura delle economie dopo i lockdown e stimoli fiscali su larga scala. Queste forze hanno messo sotto pressione l’offerta e spinto la domanda, creando forti squilibri. In questa visione, le pressioni dal lato dell’offerta — in particolare colli di bottiglia settoriali — sono state il fattore scatenante. I prezzi sono aumentati sensibilmente in alcuni settori senza cali compensativi altrove, facendo salire l’inflazione aggregata e spostando verso l’alto la curva di Phillips.
Con il rafforzarsi della ripresa, la domanda aggregata ha continuato a crescere, spingendo le imprese ad ampliare le assunzioni. Le offerte di lavoro sono esplose, aumentando la tightness del mercato e esercitando ulteriori pressioni al rialzo su salari e prezzi lungo la curva di Phillips. Sulla curva di Beveridge, l’aumento delle vacancy ha ridotto la disoccupazione.
Tuttavia, il mercato del lavoro stava ancora affrontando le conseguenze della pandemia: il job matching era più difficile, molti lavoratori avevano abbandonato la forza lavoro o non volevano tornare ai lavori pre-pandemia che non trovavano più attrattivi. Le imprese hanno quindi dovuto pubblicare più offerte per ottenere lo stesso livello di disoccupazione, spostando di fatto la curva di Beveridge verso l’esterno. Il risultato: un mercato caratterizzato da una tightness persistentemente alta, pur a fronte di una disoccupazione relativamente stabile.
2. La tightness ha causato l’inflazione
Questa seconda interpretazione sostiene che la tightness del mercato del lavoro sia stata la causa principale dell’inflazione sin dall’inizio. Sfida così la visione prevalente di una curva di Phillips piatta — cioè l’idea che mercati del lavoro rigidi incidano poco sull’inflazione. Secondo questa prospettiva, quando la tightness raggiunge livelli eccezionalmente alti, i suoi effetti inflazionistici tornano a farsi sentire con forza, ripidendo la curva di Phillips.
In questa visione, il boom di domanda post-pandemico — trainato dalle riaperture e da pacchetti fiscali senza precedenti — ha prodotto carenze acute di manodopera. Le imprese, impossibilitate ad aumentare l’offerta, hanno reagito alzando i salari in modo più marcato del normale e trasferendo i maggiori costi sui consumatori. In questa interpretazione, la tightness è riemersa come una forza inflazionistica potente, riattivando il legame tightness–inflazione e amplificando gli effetti degli shock di offerta in corso.
3. L’inflazione ha causato la tightness
Una terza visione ribalta il ragionamento: non è stata la tightness a causare l’inflazione, ma l’inflazione ad alimentare la tightness. In questa narrazione, l’alto rapporto V/U — tipicamente segnale di forte domanda di lavoro — riflette piuttosto la reazione dei lavoratori all’aumento dei prezzi.
All’inizio, molti hanno tollerato l’inflazione a causa degli attriti e dei costi legati alla rinegoziazione salariale o al cambio di lavoro. Ma con il protrarsi dell’inflazione, un numero crescente di lavoratori ha iniziato a cercare impieghi meglio retribuiti o a chiedere aumenti. Evidenze da indagini confermano che i lavoratori hanno reagito attivamente — soprattutto con la ricerca di lavoro on-the-job — per proteggere il loro potere d’acquisto. Il divario di crescita salariale tra chi cambiava lavoro e chi restava si è ampliato notevolmente, rendendo il job switching particolarmente attraente.
Questo aumento della mobilità ha portato le imprese a pubblicare più offerte, rivolte anche a lavoratori già occupati. Di conseguenza, il tasso di vacancy è salito senza ridurre necessariamente la disoccupazione — spostando la curva di Beveridge verso l’esterno. Da questa prospettiva, l’inflazione ha creato l’illusione di un mercato del lavoro surriscaldato, facendo crescere il rapporto V/U senza un reale “overheating”.
Il mercato del lavoro è stato centrale per comprendere cause e dinamiche della fiammata inflazionistica 2021–2023. Mentre gli indicatori macroeconomici hanno supportato narrazioni divergenti, i dati micro — in particolare sul comportamento salariale di chi cambia lavoro rispetto a chi resta — offrono una lente più nitida per identificare le forze in gioco. Con l’arrivo di nuovi dati, la nostra comprensione del rapporto tra tightness e inflazione continuerà a evolversi — e potrà portare a implicazioni di policy significativamente diverse.