Con le riforme si ricomincia da cinque. Prima che sia troppo tardi
Nicolas Sarkozy ha iniziato il suo mandato presidenziale costituendo due commissioni di studio: la commissione Attali e la commissione Balladur. Insediando i lavori della prima, il presidente francese si è rivolto al filosofo di sinistra promettendo: «Quello che voi consiglierete, noi lo faremo».
Non è affar nostro entrare nel dettaglio dell'esperimento francese, ma un punto deve essere ripreso: l'urgenza di riforme, costituzionali, amministrative, sociali. Riforme da portare avanti con il contributo di tutti, anche creando gruppi di studio trasversali e bi-partisan. In questo, il nuovo governo dovrebbe guardare all'esperienza d'oltralpe. Le riforme non sono solo auspicabili, né sono solo necessarie: sono urgenti. Quali? L'elenco è lungo e ovviamente le diverse sensibilità politiche portano a un diverso ordine dei lavori. Qui si possono richiamare alcuni punti-chiave, vere e proprie priorità.
La riforma istituzionale: deve portare ad un più incisivo ruolo del parlamento, soprattutto sotto il profilo del controllo e degli strumenti ispettivi. Il bicameralismo dev'essere corretto evitando la duplicazione di funzioni tra camera e senato. Quanto alla forma di governo, ognuno ha le sue preferenze. Scartando il modello presidenziale, troppo lontano dalla cultura istituzionale italiana, resta da chiarire come rafforzare la stabilità e l'efficacia dell'azione del governo, nonché quale peso attribuire al presidente della repubblica.
La legge elettorale: è sin troppo semplice parlar male della legge elettorale con cui siamo andati a votare. È necessaria una modifica che porti ad una maggiore omogeneità tra le due camere, scongiurando il rischio di un senato troppo "debole". Inoltre dev'essere prevista la possibilità per l'elettore di esprimere la preferenza per i candidati, senza subire l'umiliazione delle liste bloccate. Ciò detto, mi pare che si possano ottenere risultati analoghi sia con un sistema maggioritario che con un sistema proporzionale accuratamente corretto per evitare la proliferazione di partitini.
Il federalismo: la riforma del Titolo V, approvata nell'ormai lontano 2001, deve essere interamente attuata e in parte necessita di modifiche. L'aumento delle competenze regionali dev'essere accompagnato da una reale autonomia fiscale e tributaria, per ora rimasta lettera morta. Inoltre deve crescere la responsabilizzazione di ogni livello di governo e devono essere studiati meccanismi di raccordo tra stato, regioni ed enti locali. Per alcuni interventi, poi, il potere decisionale deve essere mantenuto a livello statale (si pensi alle grandi infrastrutture, ai termovalorizzatori, alla Tav).
La giustizia: è quanto mai urgente una riforma strutturale della giustizia. Il sistema è al collasso e non solo per la scandalosa durata dei processi. Bisogna restituire dignità alla magistratura, troppo spesso costretta ad operare senza mezzi e in condizioni che favoriscono frustrazione e demotivazione. D'altro canto, bisogna scegliere un modello chiaro, sia quello della discrezionalità dell'azione penale e della separazione delle carriere, oppure quello opposto attualmente scritto in Costituzione. Ma gli ibridi, le modifiche di fatto giovano solo all'inefficienza e ai protagonismi di pochi.
La pubblica amministrazione: la verità è che il merito è rimasto pressoché ignoto nei pubblici uffici. Un sistema pachidermico e inefficiente non è più oggettivamente compatibile con i conti pubblici e con gli obiettivi minimi di sopravvivenza del sistema-Italia. Nonostante il pubblico impiego sia un bacino di voti prezioso per tutte le forze politiche, è necessario che il nuovo governo trovi il coraggio di mettere pesantemente mano all'organizzazione della pubblica amministrazione, con strumenti di controllo seri, e – soprattutto – la verifica dei risultati raggiunti dai singoli.
Penso che questi siano i necessari punti di partenza. Non so se possa essere utile anche in Italia la costituzione di una commissione di esperti per elaborare proposte concrete. In Francia l'esperimento ha funzionato bene. Resta il fatto che per tradurre le proposte in realtà servono coraggiose e urgenti scelte politiche. Prima che sia troppo tardi.