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Come sopravvivere a una pandemia

, di Paolo Tedeschi - ricercatore presso il Cergas Bocconi
Avaria: istruzioni per l'azienda. La rilevanza del business continuity in caso di eventi capaci di danneggiare l'economia

Un'eventuale pandemia di influenza aviaria innescata dal virus H5N1 è ritenuta dal mondo scientifico e dagli organismi sanitari internazionali una minaccia non solo di sanità pubblica ma anche socio-economica, a fronte della quale la miglior difesa consiste nella preparedness, intesa come informazione, prevenzione e capacità d'intervento. Malgrado autorevoli fonti (Oms, Center for disease control di Atlanta, European centre for disease prevention and control) ritengano si tratti di un evento probabile, anche se non ancora certo, le conseguenze economiche sarebbero ingenti e simili a quelle verificatesi in occasione delle altre pandemie del ventesimo secolo, come l'influenza spagnola del 1918: assenteismo dal lavoro, quarantena di individui e comunità, limitazioni negli spostamenti, indisponibilità di beni e servizi essenziali, disordini sociali, potenziali riduzioni dei pil annuali da -2 a -6% (Fonte Banca mondiale), potenziale mortalità elevata.

Dal punto di vista dell'impresa, la rilevanza del rischio dipende dal settore di appartenenza, dal grado di internazionalizzazione (soprattutto nei paesi a maggior rischio), dalle dimensioni aziendali (e quindi dal numero di dipendenti), dalle competenze distintive (e quindi dalla difficoltà di sostituirle), dalla capacità di prevenzione e reazione delle istituzioni sanitarie, nonché dalla sensibilità per la prevenzione, sicurezza e igiene sul lavoro.

A livello di sistemi-paese, le strategie difensive risultano eterogenee tra chi punta sul farmaco blockbuster (es. Francia) e chi invece, come l'Italia, sullo sviluppo di vaccini (disponibili però dopo 4-6 mesi dall'isolamento del virus). In uno scenario simile il sistema economico italiano appare potenzialmente esposto in ragione della frammentazione dei settori economici, del grado di interdipendenza con l'estero, dell'incidenza di Pmi che non possono certo permettersi risposte strutturate. Le imprese italiane devono dunque valutare se assumersi o meno un ruolo complementare al Servizio sanitario nazionale nella protezione dei propri interessi, così come già avviene nel Nord America e Nord Europa, sia in qualità di datori di lavoro (es. prevenzione e sicurezza), sia dal punto di vista competitivo (continuità della filiera produttiva), sia in termini di responsabilità sociale d'impresa.

Le conseguenze di una pandemia non sono infatti sottovalutabili, da cui la rilevanza del business continuity management (Bcm), inteso come capacità di esercitare l'attività aziendale a fronte di eventi catastrofici (naturali, terroristici, sanitari), disponendo 'per assurdo' anche di un fattore competitivo discriminante. Concepire e affrontare il rischio di un evento pandemico richiede un processo multidisciplinare, non è riducibile a obblighi di legge, seppur necessari, o alla responsabilizzazione di particolari figure (medico del lavoro o responsabile per la sicurezza). Occorrono invece visione strategica, conoscenza dei sistemi aziendali, capacità di tradurre decisioni in piani operativi. Le imprese non sensibili al tema potrebbero trovarsi a dover sostenere rischi finanziari, contenziosi legali, indisponibilità della forza lavoro, perdita di vantaggi competitivi.

Il Bcm consente ai decisori aziendali di valutare e prevenire gli impatti. Così come a livello nazionale e presso alcune regioni (es. Lombardia) esiste un Piano pandemico, diverse imprese italiane stanno formulando un proprio Piano pandemico aziendale a difesa del valore delle azioni, per le società quotate, oppure del marchio o della fiducia dei consumatori. Gestire la continuità aziendale significa disporre di strumenti operativi (es. lavoro in remoto), sistemi di comunicazione e formazione per il personale, linee guida di comportamento per i dipendenti. La scelta di ricorrere ad eventuali scorte aziendali di farmaci antivirali, così come sta già avvenendo presso alcune grandi realtà italiane, deve poi rispettare la normativa sul farmaco, che prevede la prescrizione di un medico (anche il medico competente aziendale) e l'acquisto in farmacia.