Come dovrebbero muoversi le Euroregioni
L'Europa delle regioni richiama una molteplicità di temi che riguardano la promozione della sussidiarietà verticale e orizzontale e la preservazione delle microdiversità culturali. I processi istituzionali che hanno dato voce a questo "terzo livello", quello regionale, hanno consolidato una cooperazione tra regioni che contribuisce, oggi più consapevolmente, alla costruzione dell'Europa come manifestazione di un'integrazione anche orizzontale.
Un ruolo significativo è assunto dalle Euroregioni, associazioni di cooperazione transfrontaliera che operano su un duplice piano: l'istituzionalizzazione dei processi di cooperazione, a cui si affiancano l'integrazione sociale e la costruzione di una comunità.
Questi accordi volontari sono motivati da necessità e opportunità. Il singolo governo regionale ha scarse possibilità di accesso ai più alti livelli della Commissione e, conseguentemente, ha poche possibilità di dare ai problemi di proprio interesse un profilo politico a livello europeo.
La razionalità della cooperazione transfrontaliera, inoltre, è facil-mente documentabile: in assenza di essa, emergono significativi costi di duplicazione, da mancato raggiungimento di economie di scala, da programmazione avversa, di mancato accordo e di diritto di veto.
Risulta quindi appropriato interrogarsi sui vantaggi delle Euroregioni. Il primo è di natura squisitamente politica e riguarda il coordinamento, la lobbying dei presidenti/governatori delle regioni; il secondo è più direttamente gestionale, relativo al coordinamento della progettualità comune; il terzo è decisamente più progettuale e risponde a una vision dell'Euroregione.
Il tavolo dei presidenti è il livello di coordinamento più alto e svolge un nuovo ruolo di interlocuzione politica, permettendo la partecipazione delle regioni stesse a alcuni processi di policy making comunitario. Non è un caso peraltro che le esperienze italiane di Euroregioni insistano in territori in cui anche la componente infrastrutturale riveste un ruolo significativo: dalla Regio Insubrica interessata dal nuovo traforo di base del Gottardo, al Progetto Matriosca e l'Euroregione nel Nordest attraversata dal Corridoio Barcellona-Kiev, alla possibile Euroregione adriatica.
Tralasciando la funzione di regia per i progetti transfrontalieri già attivi in queste aree, significativo, in prospettiva, è il terzo livello. È quello in cui l'Euroregione può divenire protagonista del proprio sviluppo attivando una programmazione strategica di area vasta e identificando alcuni obiettivi da implementare.
I potenziali campi di intervento sono numerosi: dalla sanità all'ambiente e alle energie alternative, dalla pianificazione ai trasporti, dalla ricerca alle reti di pubblica utilità. Prima ancora degli oggetti specifici, è però determinante la ratio della loro selezione. I progetti dovranno essere orientati alla sostenibilità, avere ampia copertura geografica (non semplicemente transfrontalieri), evidenziare il plusvalore generato dalla rete. Inoltre, è necessario che siano orientati alla dimensione immateriale degli asset (l'Euroregione non dispone di risorse finanziarie sue proprie, né di autonomia impositiva) e che applichino un approccio di cluster, indirizzato alle filiere del valore.
Rispetto alla programmazione strategica integrata di area vasta, la più difficile da realizzare, occorre riflettere anche su adeguati strumenti di coordinamento e attuazione. Interessante, a questo riguardo, la proposta del Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera: Euroregione e Gect possono costituire un quadro istituzionale e un contesto regolato che facilitano l'emergere di incentivi microeconomici alla cooperazione, così da innescare e irrobustire le relazioni, le reti, le iniziative comuni, la mobilità delle persone, in un gioco a somma positiva in cui tutti i partecipanti hanno da guadagnare.