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Cinque mesi di campagna elettorale per una delle piu' grandi democrazie

, di Antonella Mori - ricercatrice presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche
Brasile. Il presidente Lula ha il problema di capitalizzare la propria popolarità per il partito

Saranno cinque mesi di campagna elettorale intensa quelli che accompagneranno i 130 milioni di elettori brasiliani alle presidenziali del 3 ottobre 2010. La sfida elettorale si gioca tra Dilma Rousseff, candidata del Partito dei Lavoratori (Pt), il partito del presidente Lula, e José Serra, candidato del Psdb (Partito della social democrazia brasiliana), il principale partito di opposizione.

Da molti mesi i sondaggi danno a Serra un ampio vantaggio sulla Rousseff e solo nelle ultime settimane il divario si è ridotto. A fine 2009 i sondaggi attribuivano a Serra un vantaggio tra i 14 e i 20 punti percentuali, un margine che verso la fine di marzo di quest'anno si era però ridotto a 5-10 punti. Nonostante il vantaggio nei sondaggi, l'opposizione è preparata a una difficile battaglia elettorale. Dilma Rousseff è la candidata del presidente Lula, che gode di una popolarità vicina all'80%. Il Brasile è stato tra gli ultimi paesi a subire gli effetti della crisi economica e finanziaria globale e tra i primi a riprendere la crescita: il governo prevede che il pil crescerà del 5% quest'anno, dopo essere cresciuto dell'1% nel 2009. Non sono solo i risultati economici recenti a sostenere la popolarità del presidente. Dall'inizio del proprio mandato, Lula ha messo la lotta alla povertà e all'esclusione sociale al centro delle politiche del governo: i programmi di assistenza ai poveri hanno avuto un impatto enorme sulla qualità della vita di 11 milioni di famiglie brasiliane. È logico aspettarsi che il presidente cerchi di trasferire questo capitale politico alla Rousseff: quello che non è ancora chiaro è come questo trasferimento si realizzerà.I principali candidati e i maggiori partiti hanno già fatto trasparire le linee principali delle loro strategie elettorali. Serra si sta presentando agli elettori come colui che può far meglio progredire il Brasile sul percorso di crescita avviato dalla precedente presidenza ("Brazil can do more" è lo slogan). Nonostante sia il rappresentante del principale partito di opposizione, Serra si propone come la miglior scelta per la continuità, sostenendo che la propria esperienza come amministratore lo renda più adatto della Rousseff a guidare il paese. In effetti Serra è stato ministro e parlamentare e ha appena lasciato la carica di governatore dello Stato di San Paolo, che ha ricoperto con successo.Il presidente in carica e il suo partito, il Pt, mirano invece a convincere gli elettori che i risultati ottenuti dai governi Lula sono il risultato di una visione politica che solo Dilma Rousseff può portare avanti. Lula sta quindi cercando di distanziare le politiche del suo governo da quelle del suo predecessore, Cardoso, dello stesso partito di Serra, sottolineando le diverse linee che li hanno ispirati. Per rendere ancora più chiare queste differenze l'amministrazione Lula potrebbe puntare su un maggior impegno dello stato in vari settori, agendo sulla politica industriale, energetica e sociale. Negli ultimi mesi ve ne sono già stati segnali: le pressioni sulla società mineraria Vale, privatizzata nel 1997, affinché produca acciaio in Brasile e acquisti navi da cantieri brasiliani; la proposta di costituire un fondo sovrano, alimentato da redditi generati dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi appena scoperti, per finanziare politiche di protezione sociale, educative e ambientali. Non è stato un caso che il 29 marzo, poco prima che la Rousseff lasciasse l'incarico di capo gabinetto di Lula (come richiesto dalla legge elettorale), il governo Lula annunciasse la fase due del Programma di accelerazione della crescita (Pac2), che prevede investimenti infrastrutturali per 880 miliardi di dollari, di cui il 60% tra il 2011 e il 2014. Se eletta, Rousseff avrebbe il compito di realizzare il Pac2, dopo essere stata responsabile della prima fase avviata nel 2007. L'elezione del prossimo presidente brasiliano è particolarmente importante per l'Italia, non solo per i profondi legami che uniscono i due paesi (tenuti vivi dai circa 30 milioni di oriundi italiani che vivono in Brasile) ma anche perché il 1 gennaio 2011, in concomitanza con l'insediamento del nuovo presidente, avrà inizio l'anno dell''Italia in Brasile', un'occasione unica per sfruttare le potenzialità di collaborazione economica e culturale tra i due paesi.