Che fare in aeroporto se siamo morti
Il problema della sicurezza, drammaticamente esploso l'11 settembre 2001 e da allora rimasto irrisolto, è sempre di grande attualità, come dimostrano recenti articoli apparsi su diversi giornali statunitensi. Da ultimo David Cole, costituzionalista della Georgetown University, ha denunciato l'invasività di alcune normative tese a colpire i fiancheggiatori delle attività terroristiche.
Il caso sollevato da Cole conferma un quadro generale ormai chiaro e preoccupante, sotto il profilo della garanzia dei diritti.Tutti ricordiamo la polemica sull'introduzione del body scanner, che sembra essere lo strumento più adatto a prevenire l'allarme-terrorismo, almeno per le esplosioni in volo. Data l'invasività dell'apparecchiatura, la sua introduzione ha suscitato perplessità e riserve, manifestate da associazioni per la difesa dei diritti e anche dalle autorità garanti della privacy. Alle critiche di violazione della privacy (e non solo), il ministro degli Esteri Franco Frattini ha risposto che si tratta di un «sacrificio che vale la pena fare», perché «il diritto a non saltare in aria è la precondizione a tutte le libertà». (ex multis: L'Italia apre ai body scanner. Frattini: strumento più sicuro, in La Stampa, 5 gennaio 2010). La frase a effetto del ministro (peraltro simile alle esternazioni di esponenti dei principali esecutivi europei) sottende l'idea di primazia del bene giuridico 'sicurezza' rispetto a qualsiasi altro bene. Esso sta al vertice dell'ipotetica scala gerarchica dei diritti, viene prima e quindi sta sopra a tutti gli altri beni giuridici: tutte le altre libertà e diritti, anche se fondamentali, diventano deboli e il loro esercizio recessivo, in omaggio al fine di tutelare la sicurezza collettiva. E ciò a prescindere dalla posizione soggettiva interessata. L'affermazione sottende l'essenziale domanda: quale libertà si può esercitare da morti? Nessuna, quindi prima di tutto bisogna rimanere vivi, rinunciando a ciò cui è necessario rinunciare, anche alla privacy, il cui esercizio, senza quella precondizione (cioè il restare vivi), sarebbe impossibile. È evidente che il ministro si rivolge a organi di stampa e non a un pubblico di giuristi, ma se si prova a considerare in senso tecnico il ragionamento proposto, si scopre che più che una boutade l'affermazione del ministro sembra l'eco di una tendenza presente nell'azione politica dei principali paesi a democrazia matura. In effetti, nel prendere atto che la società post-moderna richiede forme di protezione, anche limitative delle più elementari libertà, gli esecutivi dei principali paesi democratici del dopo 11 settembre sembrano rinunciare a ricondurre il rapporto tra due esigenze entrambe meritevoli di tutela sul classico binario del bilanciamento, né si sforzano di cercare, secondo il criterio della ragionevolezza, l'equilibrio tra la garanzia di un'esigenza collettiva e la tutela di altri diritti, conquiste intoccabili della civiltà umana prima che giuridica. Le normative sul terrorismo internazionale rivelano la tendenza del pubblico potere a far prevalere le esigenze della sicurezza su quelle della libertà. E questa tendenza dei governi non sempre ha trovato freno nella giurisprudenza delle Corti, basti pensare all'ampia deferenza mostrata dalla Suprema Corte nei confronti dell'esecutivo americano (amministrazione Bush). La medesima tendenza ha anzi trovato favorevole sponda in quella parte (minoritaria) della dottrina che giustifica pratiche quali la tortura (Dershowitz's theory). Ma anche parte della dottrina non minoritaria è disposta a legittimare pratiche discutibili, benché dal nome meno odioso, (interrogatori 'rafforzati' e metodi anti-resistenza), 'legalizzate' grazie all'interpretazione restrittiva del concetto di tortura o a quella estensiva delle scriminanti. In ultima analisi, la gerarchia dei valori verticalizzata sulla sicurezza che sembra emergere nell'era post 11 settembre rischia di introdurre elementi di democrazia autoritaria e pare poco compatibile con il modello della democrazia liberale agganciato al pluralismo dei valori e alla garanzia forte dei diritti e delle libertà.