Certificati, questi sconosciuti. Persino agli advisor
La valutazione della capacità degli investitori di comprendere gli strumenti finanziari ed effettuare scelte di investimento coerenti è oggetto di dibattito. Un caso interessante è quello dei certificati di investimento, comparsi sul mercato italiano una decina di anni fa e da allora cresciuti sia in termini di numero sia in termini di tipologie di strumenti offerti. I certificati sono titoli, con all'interno prodotti derivati, che coprono profili di rischio diversificati, dai più cauti certificati a capitale protetto sino ai (più rari) certificati a leva, passando per un folto gruppo di certificati con profilo di rischio intermedio, non molto diverso dall'investimento diretto nell'attività sottostante a cui il loro rendimento è legato. Ma qual è la capacità degli investitori di valutare i benefici e gli ostacoli associati all'acquisto dei certificati? Queste domande sono state alla base di una ricerca condotta dal Centro di ricerca Carefin della Bocconi in collaborazione con l'Associazione italiana certificati e prodotti di investimento. Allo studio hanno partecipato 424 financial advisors appartenenti a circa 30 reti diverse che hanno compilato un questionario online. La scelta di sottoporre i questionari agli advisor, e non ai clienti finali, deriva dal fatto che l'investimento in certificati avviene in via prioritaria su loro suggerimento.
Sul fronte dei benefici, una prima domanda concerneva il peso relativo (scala da 1 a 5) di diversi fattori nel determinare la scelta di un prodotto. È emerso che la caratteristica ritenuta più importante è la capacità di un prodotto di contenere le perdite negli scenari più sfavorevoli (punteggio 4,30). Altri fattori rilevanti sono la fiducia nella società che lo distribuisce (4,20), la facilità di liquidazione (4,15) e la semplicità/trasparenza (4,12). Sono poi emersi due modi diversi di avvicinarsi ai certificati. Un primo gruppo di advisor, e clienti, è interessato al basso livello di rischio che i certificati a capitale protetto possono garantire. Un altro guarda invece con interesse ai certificati perché ritiene che questi strumenti, che si caratterizzano per una gamma di sottostanti molto ampia (a febbraio 2010 circa 300, dalle azioni italiane alle commodity) e di strutture di payoff in alcuni casi difficilmente raggiungibili, possano migliorare la diversificazione del portafoglio. Se però la protezione del capitale offerta dai certificati è riconosciuta, la percezione della capacità di diversificazione è invece variegata fra gli advisor. Il punteggio medio assegnato alla capacità di diversificazione del rischio di portafoglio grazie alle tipologie di sottostanti è stato pari a 3,25, mentre la capacità di diversificare il rischio grazie al tipo di payoff ha ricevuto una valutazione pari a 2,93. È però interessante notare che esiste una relazione diretta tra punteggi più elevati alla capacità di diversificazione e percentuale di certificati in portafoglio. Analizzando gli ostacoli, i fattori che hanno ricevuto il maggiore punteggio e che quindi rendono più restii i financial advisor nel proporre i certificati sono il rischio percepito come elevato (per i certificati a capitale non protetto), il fatto che questi strumenti sono considerati poco liquidi, le brutte esperienze passate e l'insufficiente conoscenza del prodotto. L'importanza del rischio è emersa anche là dove si chiedeva agli investitori di fare un confronto tra certificati, fondi e Btp. Gli advisor sembrano sovrastimare il rischio dei certificati a capitale non protetto attribuendo a questi un rischio di gran lunga più elevato rispetto a quello dei fondi comuni di investimento, malgrado solo una quota minima dei certificati sia rappresentata da prodotti a leva (che hanno un rischio superiore a quello del mercato azionario sottostante). Circa la liquidità, a fronte di una generale preoccupazione, forse acuita dal momento di mercato, è poi emerso che non sempre è chiaro al financial advisor se un particolare certificato sia quotato o meno e su quale mercato. Per concludere, è abbastanza chiaro che ulteriori sforzi di education ridurrebbero gli ostacoli all'utilizzo dei certificati e migliorerebbero la percezione dei loro benefici favorendo uno sviluppo del mercato.