Aids, spot davvero poco belli e senza anima
Secondo le statistiche europee, l'hiv/aids rimane una delle priorità sanitarie del vecchio continente. Nel 2005 si sono registrati 77.553 nuovi casi di hiv nei 48 paesi della regione, con un incremento rispetto i valori del 2000.
In Italia diminuisce la mortalità di aids, ma rimane alto il numero delle nuove infezioni e le caratteristiche di coloro che oggi s'infettano sono diverse rispetto 10 o 20 anni fa. È possibile individuare alcune linee di tendenza del fenomeno: nel 2004 sono state segnalate 1.215 nuove diagnosi d'infezione, con un'incidenza del 6,7 ogni 100.000 abitanti; la proporzione delle donne contagiate è aumentata nel corso degli anni (il rapporto maschi/femmine era del 3,4 nel 1985, del 2,2 nel 2004); tra i nuovi casi di hiv si osserva un rilevante decremento della quota di tossicodipendenti (passata dal 63,1% del 1985 all'11,4% del 2004), mentre la trasmissione per via sessuale nello stesso periodo è aumentata dal 7,0% al 57,8%.
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Fonte Sda Bocconi - Divisione ricerche |
La divisione ricerche della Sda Bocconi ha finanziato un progetto per l'analisi delle campagne di prevenzione dell'hiv realizzate in Italia dal 1982 al 2007. Le campagne indagate sono quelle del ministero della Salute, del comitato Pubblicità progresso e della Lila.
Rispetto al messaggio veicolato, tutte le campagne presentano un chiaro contenuto informativo, riassumibile nell'espressione «l'aids c'è». Tuttavia, solo il 44% delle campagne fornisce delle indicazioni pratiche, indicando a quali servizi rivolgersi per avere maggiori informazioni sulla malattia e risolvere i propri dubbi; il tema del test, unico strumento per una matura e consapevole presa di coscienza del proprio stato di salute, è presente solo nel 31% dei messaggi analizzati; solamente il 18% delle campagne fa un esplicito invito a non discriminare i malati di aids.
I risultati evidenziano un costante perseguimento di cambiamenti cognitivi, mentre rimangono ancora troppo pochi i tentativi di modificare i comportamenti delle persone. Questo timore è confermato dalla limitata presenza del preservativo nelle campagne proposte: il termine profilattico o un suo sinonimo compare nel 29% dei messaggi, ma tale presenza è passata dal 44% del periodo 1987-1991 al 7% del 2003-2007. Per quanto riguarda l'immagine del condom, questa compare nel 21,2% dei casi.
Anche quando la comunicazione presenta informazioni rilevanti ai fini della prevenzione, nella maggior parte dei casi si tratta di annunci poco accattivanti, che difficilmente possono essere notati e ricordati. La chiave comunicazionale utilizzata è prevalentemente informativa e l'utilizzo delle emozioni (divertimento, paura, shock) quali appeal è ancora troppo limitato. Il 47% delle pubblicità non fa alcun ricorso alle emozioni per attirare l'attenzione e/o per trasmettere il contenuto del messaggio, mentre le campagne che ricorrono alle chiavi emozionali si limitano a rappresentare i sentimenti (33%) piuttosto che esplicitarli (15%). È emerso come negli anni più vicini alla comparsa del virus (è del 1982 il primo caso italiano) gli ideatori delle campagne abbiamo fatto ricorso a un'ampia gamma di suggestioni emotive (amore, tranquillità, gioia da un lato; paura, tristezza e intolleranza dall'altro).
Tensione creativa che però è andata via via diminuendo sino ai nostri giorni, quando il ricorso alle emozioni ha utilizzato solo la chiave amorosa. Davvero un po' troppo poco per affrontare la sfida che l'aids quotidianamente ci lancia.