AAA. Cercasi equita', rigore e sviluppo
Non c'è che dire, è stata un'estate calda e non solo dal punto di vista climatico: i mercati borsistici hanno registrato crolli degni degli ormai noti momenti di crisi a cui siamo abituati da qualche anno. C'è però qualcosa di nuovo.
In primo luogo, non sono più solo le società a crollare in borsa, ma interi sistemi-paese a rischiare il default. È in tale contesto che si è alla ricerca, da più parti, di equità, rigore e sviluppo a sostegno della ripresa dei sistemi economici.In secondo luogo e forse mai come prima, l'attenzione è rivolta sul tanto agognato rating attribuito a paesi e imprese, mediante cui si vuole capire, valutare, finanche prevedere quali candidati siano in grado di vincere la sfida competitiva. Ormai il sistema economico globale sembra distinguere tra chi raggiunge la tripla A e chi no. Per fare solo un esempio, si pensi al declassamento del debito pubblico statunitense delle ultime settimane. Chi emette questi giudizi? Chi valuta sistemi-paese e imprese? Quali sono i criteri con cui i rating sono costruiti? Ma soprattutto, quanto sono affidabili e attendibili questi giudizi? Alcuni quesiti hanno risposte semplici. Senza correre il rischio di semplificare eccessivamente, i rating sono emessi dalle c.d. 'tre sorelle": Standard&Poor's, Moody's e Fitch, società con scopo di lucro che vendono valutazioni e rating sulle principali attività degli operatori di mercato, paesi inclusi, e che insieme hanno una quota di mercato nell'industria dell'emissione di rating tra il 90 e il 95% a livello globale. Alle altre domande è meno immediato dare risposta. In sintesi, i rating sono costruiti su modelli econometrici mediante cui si analizzano i principali fattori che influenzano la strategia e la performance degli operatori. Sono sempre affidabili? La cronaca degli ultimi anni impone un minimo di cautela nella risposta. Alcuni stimano che recenti errori di aritmetica siano costati un paio di trilioni di dollari. Tradotto in altri termini, rating più che positivi sono stati di recente attribuiti ai mutui subprime piuttosto che alla fallita Lehman Brothers. Non sorprende che, di recente, si sia aperto un dibattito anche a livello europeo sul ruolo e operato delle agenzie di rating. Si parla della costituzione di nuove agenzie (meglio se europee) che vadano a sostituirsi alle tre sorelle; di una normativa mirata a limitare il 'potere' di mercato delle stesse agenzie di rating. Il problema, però, non è tanto forse sostituire o vincolare. Il modello nel suo complesso è da ripensare, andando a modificare i parametri su cui si costruiscono oggi i rating che, è bene ricordarlo, sono nati per aiutare gli investitori a valutare titoli relativamente oscuri e altrimenti difficili da decifrare. In tale ampio dibattito, mai si sente parlare di etica delle decisioni strategiche o di competenze che rendano meno rigidi i modelli econometrici alla base dei rating. Per essere più chiari: mai, purtroppo, si sente parlare di rating etici. Non è un'eresia, infatti, affermare che i rating etici stiano sempre più dimostrando migliori e più affidabili capacità predittive rispetto a rating c.d. tradizionali. Certamente non sono la soluzione perfetta; non è da escludere, infatti, che gli attuali valutatori siano semplicemente sostituiti da altri. Adeguatamente regolamentato a livello di mercato, lo strumento etico consente di andare più in profondità nell'analisi, facendo emergere aspetti per esempio di competenza, governance e sostenibilità dei sistemi-paese che oggi non sembrano essere parte della valutazione. L'economia e i mercati internazionali stanno lanciando un segnale: oggi più che mai si ha necessità di etica professionale nelle decisioni, competenza e merito delle persone, trasparenza e rigore nelle procedure e negli strumenti.