Un incentivo per remare insieme
La contribuzione volontaria a un bene pubblico e l'uso di una risorsa collettiva rappresentano un dilemma sociale: c'è un potenziale conflitto tra la motivazione egoistica di un individuo orientato unicamente a soddisfare il proprio interesse individuale e il benessere della collettività. Tutti vorrebbero utilizzare un servizio pubblico, corrispondendo però un contributo - come le tasse o il biglietto dell'autobus - minimo possibile. Rispetto ai sistemi coercitivi o a quelli, altrettanto problematici, che si affidano alla libera contribuzione dei singoli, si rende necessario individuare dei meccanismi di incentivazione che facciano emergere spontaneamente tra i membri di una comunità comportamenti orientati al bene comune. Il laboratorio sperimentale rappresenta un luogo di osservazione privilegiato per studiare queste (e molte altre) situazioni e testare l'efficacia di eventuali strumenti di incentivo in un contesto controllato.
In laboratorio viene chiesto ai soggetti sperimentali di partecipare al cosiddetto "gioco dei beni pubblici", in quanto tipicamente usato per studiare il comportamento cooperativo delle persone. I soggetti sperimentali ricevono una dotazione monetaria e devono decidere - in maniera anonima, contemporaneamente e senza comunicare tra loro - quanto di essa tenere per sé e quanto investire in un progetto comune. Il rendimento del progetto è fissato dallo sperimentatore in modo che la scelta diventi, appunto, un dilemma sociale: soltanto se un numero sufficientemente alto di membri del gruppo contribuisce, il bene pubblico può essere prodotto a livelli quantitativi adeguati. I risultati sperimentali mostrano che, anche cambiando alcuni aspetti rilevanti del gioco (ammontare della dotazione, rendimento del progetto, numero di appartenenti al gruppo, etc.) e indipendentemente dalle caratteristiche individuali (genere, nazionalità, background, etc.) la maggior parte dei soggetti destina al bene pubblico somme consistenti. Tuttavia, se questa decisione non avviene più una tantum, ma l'interazione tra gli appartenenti al gruppo prosegue per un certo numero di volte, i risultati rivelano un generale declino dei livelli medi di contribuzione. Una delle spiegazioni più accreditate di quest'ultimo risultato attribuisce la difficoltà degli individui a mantenere comportamenti cooperativi nel tempo alla preponderanza nella popolazione di soggetti cosiddetti "reciprocatori": questi individui adattano il loro comportamento all'osservazione delle scelte degli altri membri del gruppo e quindi cooperano se gli altri individui fanno altrettanto, ma smettono di farlo quando interagiscono con individui auto-interessati (o "free-rider"). L'introduzione di modifiche nel gioco che prevedano la possibilità per i partecipanti di comunicare tra loro, o di condividere informazioni (rendendo perciò l'interazione meno anonima), o di somministrare premi oppure punizioni ha influito positivamente nel contrastare il declino della cooperazione. In particolare, l'uso di punizioni decentrate (o "dal basso"), cioè decise non da un'autorità centrale ma dagli appartenenti al gruppo stesso, appare piuttosto efficace.Ma a quali condizioni le sanzioni possono indurre gli individui a cooperare per ottenere l'esito socialmente ottimale? La letteratura sperimentale più recente si è concentrata su questi aspetti, trovando che il requisito che appare fondamentale è che le punizioni debbano essere "legittime"; questo tipo di punizioni - pur lasciando inalterata la libertà dei singoli soggetti di scegliere l'entità delle sanzioni comminate e la facoltà di sostenerne o meno l'onere - possono essere somministrate solo nei confronti di chi non ha contribuito al bene pubblico. In questo modo quelli che hanno cooperato sono protetti da eventuali punizioni da parte dei free-rider, ossia dall'uso antisociale - frequente in molti contesti - di punizioni motivate dal desiderio di esprimere sentimenti di invidia e/o vendetta.