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Un anno in barcastop

, di Davide Ripamonti
Alberto Di Stefano, laureato Bocconi e investment banker di successo, lascia tutto e parte per un lungo viaggio che lo porterà a scoprire un insolito modo di vedere il mondo. Dai suoi resoconti è nato un libro

"Di solito, chi decide di lasciare tutto e andare in giro per il mondo lo fa o perché insoddisfatto della propria vita, o perché scappa da qualcosa: per me non è stato così". Alberto Di Stefano, laureato in Bocconi, una carriera di investment banker internazionale avviata, da poco passata la trentina decide di lasciare tutto e prendersi un anno per sé: obiettivo attraversare l'Atlantico e poi viaggiare ancora, con qualunque mezzo e per chissà dove. "Il lavoro era soddisfacente, era la fine degli anni 90, il momento d'oro del mercato dei derivati, guadagnavo bene, avevo soddisfazioni professionali, stavo cavalcando l'onda giusta", spiega Di Stefano durante un incontro in Bocconi organizzato dal Sailing Club dell'Università, "anche se la mia professione mi assorbiva totalmente". Cinque anni di questa vita, con poche ferie e giornate interamente passate in ufficio, alla fine logorano e Alberto, incerto se cambiare lavoro o prendersi una pausa, decide per la seconda opzione e si licenzia.

"Ci ho pensato molto, la voglia di fare il giro del mondo in barca l'avevo fin da piccolo, ma era una scelta complicata. Non avevo neanche esperienza vera di barca a vela, se non un corso effettuato in Italia". L'idea di partenza era salire su una barca che attraversasse l'Atlantico e poi proseguire, vedere altri continenti magari aggregandosi a qualcuno incontrato sul posto, senza un vero programma. In corso d'opera le cose sono cambiate, perché chi ama la barca a vela ama soprattutto navigare, partire senza l'ansia di arrivare chissà dove. "Ai Caraibi ho scoperto un mondo tutto nuovo, di cui non sospettavo l'esistenza: ci sono delle persone, con le proprie barche, che fanno lunghi e avventurosi tragitti accogliendo i viaggiatori che ovviamente costituiranno l'equipaggio. Si sceglie su quale barca salire, in base alla rotta, e poi si parte", spiega Alberto, "finita la tratta si cambia e si va da un'altra parte, come una sorta di barca-stop".

E così Alberto Di Stefano arriva fino in Polinesia, alle Marchesi o anche su isole sperdute, condividendo tutto con i compagni di viaggio, "è difficile la vita in barca, convivere in molti in poco spazio", e conoscendo persone, anche italiani, "quelli che vivono lì magari da 15 anni e dicono sempre che stanno per tornare in Italia, ma non torneranno mai". Alberto, invece, è tornato, ha scritto un avvincente libro (Il giro del mondo in barcastop, Feltrinelli) e ha ripreso la sua vita, anche se con qualche difficoltà:
"In Italia chi fa l'anno sabbatico è visto con una certa diffidenza, non è considerato un plus come avviene nei paesi anglosassoni o in Francia. Ci ho messo un anno a trovare un nuovo lavoro, sempre nel campo della finanza, ma sono molto soddisfatto della scelta fatta, partire e poi tornare era quello che volevo". Anche se un piccolo cedimento, una tentazione, di fare come "quelli che stanno sempre per tornare ma non lo fanno", c'è stata. "Dopo 15 giorni di navigazione siamo arrivati a Niue, una bellissima isola tra Tonga e le Cook, e lì, in un bar, ho conosciuto un distinto signore che era in realtà il primo ministro. Ci siamo frequentati nei giorni in cui siamo rimasti lì e, alla fine, mi ha fatto una proposta: una bella casa a picco sul mare, una robusta pensione per me e i miei familiari in futuro purché mi fermassi per aiutarlo ad avviare un'attività turistica. Lo ammetto, ho vacillato".