Turchia, con le riforme si moltiplica l'attrattivita'
Già sesto partner commerciale dell'Unione europea e una delle grandi economie emergenti nel mondo, la Turchia ha comunque la possibilità di duplicare o triplicare gli investimenti che è capace di attrarre dall'estero. Lo rivela una ricerca del Centro Isla Bocconi (Istituto di studi Latino Americani e dei paesi in transizione), in collaborazione con ISPAT (Agenzia governativa turca per il supporto e la promozione agli investimenti) e PricewaterhouseCoopers, sul potenziale degli investimenti in Turchia non ancora sfruttato dal paese. Condizione per sfruttare questo potenziale, secondo il rapporto, è il proseguimento del piano di riforme avviato dal governo Erdogan nel 2002.
Lo studio, condotto da Carlo Altomonte e Maria Giovanna Bosco, usa come strumento di identificazione di tale potenziale le condizioni macroeconomiche dei paesi dell'Europa Centro Orientale che hanno aderito all'UE, negli anni precedenti al loro ingresso, rapportandole a quelle della Turchia. Il risultato indica come il Pil procapite, la prossimità e la localizzazione strategica fanno della Turchia un paese il cui potenziale in termini di attrattività è ancora lungi dall'essere sfruttato nonostante i circa 20 miliardi di dollari annui di IDE (investimenti diretti esteri) in entrata negli ultimi anni.
La media dei benchmark considerati nella ricerca indicano, infatti, un potenziale valore dei flussi nei prossimi anni per la Turchia pari a circa il 100% del valore attuale, dunque circa 20 miliardi di dollari l'anno. In termini di stock di IDE, lo spazio per l'incremento è ancora maggiore, a causa del potenziale inespresso relativo all'ultimo ventennio. In particolare, il confronto con i benchmark porta a stimare un potenziale incremento dello stock tra il 200% e il 300%. In altre parole, secondo lo studio, lo stock totale di IDE in Turchia può raddoppiare o triplicare rispetto ai livelli attuali prima che il potenziale del paese sia sfruttato ai livelli già raggiunti dai paesi dell'Europa Centro Orientale.
Combinando il potenziale stimato di flussi per anno con la misura di potenziale dello stock, si ottiene una 'finestra di opportunità' di circa 10 anni entro i quali sfruttare il potenziale inespresso del paese in termini di investimenti esteri.
"Economicamente, la Turchia è uno dei mercati che offre le più grandi possibilità alle imprese europee nei prossimi anni, sempre che il governo continui sul sentiero delle riforme già intrapreso," spiega Altomonte. "Una volta che le riforme saranno progressivamente realizzate, nell'arco di un decennio il potenziale di investimento sarà verosimilmente sfruttato, momento in cui la Turchia sarà probabilmente pronta a diventare membro dell'Unione Europea."
Il rapporto sottolinea, infatti, come condizione imprescindibile per sfruttare tale potenziale sia il fatto che il quadro di riforme economiche della Turchia si allinei rapidamente all'esperienza dei paesi dell'Europa Centro-Orientale utilizzati come benchmark. Dal punto di vista macroeconomico, spiega Altomonte, è essenziale che il paese continui ad adoperarsi per avere l'appoggio del Fondo Monetario Internazionale, al fine di garantire la stabilità dei prezzi e la solvibilità del debito. Dal punto di vista microeconomico, l'investimento in Ricerca e Sviluppo, la crescita del capitale umano e lo sviluppo delle infrastrutture sono elementi necessari per sfruttare al pieno il potenziale di attrattività del paese. Obiettivi peraltro coerenti e necessari al percorso di avvicinamento all'Unione.
Da notare, infine, come gli investimenti dall'Italia siano quelli che hanno resistito meglio in Turchia all'impatto dell'attuale crisi economica globale.
"Nel 2009 la Turchia ha risentito, come tutti, della crisi economica," spiega Altomonte, "con un calo contingente dei flussi di investimenti esteri di circa il 50% nella prima parte dell'anno, dato peraltro recuperabile da qui a dicembre. Tuttavia è da sottolineare la performance italiana che, in assoluta controtendenza, fa registrare un incremento del38,2% rispetto allo stesso periodo del 2008, attestandosi al quarto posto fra i paesi investitori, con una quota complessiva sul totale degli investimenti esteri pari al 4,4%".