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Un nuovo studio di Dana Foarta e Massimo Morelli spiega quando la complessità delle leggi è utile, e quando invece serve solo a confondere le acque

Negli ultimi decenni, i sistemi legislativi di tutto il mondo hanno prodotto testi di legge sempre più lunghi, pieni di clausole, eccezioni e rimandi. È un sintomo di modernità o di disfunzione democratica?

A questa domanda intendono rispondere Massimo Morelli, (Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche Bocconi e affiliato all’IGIER), e Dana Foarta (Centre for Economic Policy Research), con lo studio “The Common Determinants of Legislative and Regulatory Complexity”, pubblicato sul Journal of Law, Economics, and Organization (Oxford University Press, 2025).

In some cases, complexity of laws and regulations can be bad, for example, because they are more difficult to understand and navigate, but in other cases greater details and contingencies can be good—making the social contract more “complete.”

Gli autori partono da una constatazione tanto intuitiva quanto cruciale: «In alcuni casi, la complessità delle leggi e dei regolamenti può essere negativa, ma in altri casi maggiori dettagli e contingenze possono essere positivi – rendendo il contratto sociale più completo.» Comprendere quando la complessità sia “buona” o “cattiva” è quindi fondamentale per capire la qualità della governance democratica.

Dentro il modello: l’esperto e il decisore

Il cuore dello studio è un modello teorico che rappresenta un gioco strategico tra due attori:

  • un esperto proponente, che elabora una riforma o una legge conoscendo i dettagli tecnici e i suoi potenziali effetti;
  • un decisore politico, che deve approvarla, ma dispone di informazioni più limitate e di incentivi propri (come la rielezione o la popolarità).

L’esperto può scegliere quanto dettagliare o semplificare la proposta legislativa. Se le sue informazioni sono precise e i suoi obiettivi allineati con quelli del decisore, la complessità è uno strumento virtuoso: serve a coprire tutte le possibili situazioni e a rendere la legge più completa. Ma se gli interessi divergono o l’incertezza è alta, la complessità può diventare una strategia di “offuscamento”: un modo per celare parti controverse e aumentare la probabilità che il decisore approvi la proposta senza comprenderne del tutto le implicazioni.

Come scrivono gli autori, «il proponente può “offuscare le acque” per il decisore politico, redigendo una riforma complessa anche quando non è necessaria, al solo scopo di aumentarne le probabilità di approvazione.» Il modello mostra così che la complessità normativa non nasce solo da bisogni tecnici o dal contesto economico, ma anche da interazioni strategiche e incentivi politici distorti.

Quando la complessità serve (e quando no)

La complessità “efficiente” emerge quando la precisione è utile a ridurre l’incertezza e migliorare l’implementazione delle politiche. Quella “inefficiente”, invece, si manifesta quando serve solo a mascherare informazioni o a compiacere il potere. In questo senso, il modello di Foarta e Morelli aiuta a distinguere tra complessità funzionale (che migliora la qualità della legge) e complessità opportunistica (che riduce la trasparenza).

Italia vs Stati Uniti: due esperimenti naturali

La teoria aiuta anche a conciliare risultati empirici apparentemente contraddittori. In Italia, dove l’instabilità politica è cronica, più leggi significa spesso più burocrazia e meno efficacia. Negli Stati Uniti, invece, uno studio di Ash, Morelli e Vannoni (2025) mostra che una maggiore complessità legislativa può andare di pari passo con la crescita economica, grazie alla concorrenza tra stati e alla capacità di apprendere dalle esperienze altrui. Il modello spiega entrambe le dinamiche: quando l’incertezza e i costi di implementazione sono elevati, la complessità diventa un freno; quando l’informazione è più ampia e i costi più bassi, diventa un acceleratore di efficienza.

Un equilibrio delicato

Sebbene questa integrazione elimini gli incentivi al compiacimento, riduce anche la probabilità che vengano adottate politiche complesse quando tali politiche sono effettivamente efficienti

Eliminare la delega agli esperti, però, non risolve il problema. Se tutto il potere resta nelle mani dei politici, si rischia l’effetto opposto: “troppa semplicità”, che può portare a leggi inefficaci o superficiali. «L’integrazione delle funzioni di redazione e decisione elimina gli incentivi al compiacimento, ma riduce anche la probabilità che vengano adottate politiche complesse quando esse sono in realtà efficienti.»

Oltre il labirinto normativo

Una maggiore complessità rende le leggi e i regolamenti più difficili da comprendere e più costosi da attuare. Questi fattori possono contribuire all'allontanamento degli elettori dal processo politico, a un aumento dei costi di attuazione delle politiche pubbliche e a una percezione più negativa delle istituzioni pubbliche. Una maggiore complessità delle norme e delle leggi può anche generare sfiducia e atteggiamenti e programmi populisti

Le conclusioni degli autori guardano alle implicazioni democratiche. «Una maggiore complessità rende le leggi più difficili da comprendere e più costose da attuare, alimentando sfiducia e atteggiamenti populisti.» Per questo, secondo Morelli e Foarta, è urgente comprendere le dinamiche che generano complessità inutile e individuare regole istituzionali che favoriscano la trasparenza senza sacrificare la precisione.