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Se la personalità dell’insegnante incide sul futuro scolastico degli studenti svantaggiati

, di Andrea Celauro
Una ricerca rivela che gli insegnanti italiani tendono ad avere aspettative scolastiche più basse nei confronti degli studenti con basso status socioeconomico, anche a parità di capacità. Non solo: queste aspettative variano in modo sistematico in base alla personalità dei docenti

Gli insegnanti valutano in media come meno probabile il successo scolastico degli studenti con un retroterra socioeconomico svantaggiato, anche quando questi hanno pari capacità, attitudini e motivazioni rispetto ai loro coetanei più abbienti. Questo non è necessariamente sorprendente, dato che – a parità di condizioni – la maggior disponibilità di risorse economiche e culturali può tramutarsi in migliori esiti scolastici. Ciò che invece è sorprendente è che le aspettative degli insegnanti variano sistematicamente in base alla loro personalità. È quanto emerge dal paper “Teacher personality and the perceived socioeconomic gap in student outcomes” di Pamela Giustinelli (Bocconi) insieme a Giorgio Brunello, Clementina Crocè e Lorenzo Rocco (Università di Padova).

La ricerca, basata su un’indagine pilota condotta nel 2023 tra 235 docenti di scuola secondaria di primo grado del Veneto, mostra che gli insegnanti più aperti all’esperienza ed estroversi tendono a essere più pessimisti sulle chance degli studenti con basso background familiare di riuscire in un percorso scolastico accademico. Viceversa, gli insegnanti più coscienziosi e amichevoli sembrano credere maggiormente nel potenziale di questi studenti, ma in percorsi tecnico-professionali.

«Abbiamo iniziato a colmare un vuoto sull’influenza della personalità dell’insegnante nella letteratura economica relativa all’istruzione», spiega Pamela Giustinelli, coautrice dello studio e assistant professor del Dipartimento di economia della Bocconi. «I nostri risultati suggeriscono che le opinioni dei docenti - fondamentali nel processo di orientamento - non solo non sono neutrali rispetto alle origini degli studenti, ma riflettono anche tratti soggettivi degli insegnanti stessi».

Lo studio si fonda su un esperimento basato su vignette, ovvero profili ipotetici ma realistici di studenti di terza media, in cui venivano variati sistematicamente il genere, le performance scolastiche, il background migratorio, la personalità, le preferenze e soprattutto il contesto socioeconomico familiare. Ciascun docente stimava la probabilità degli studenti di riuscire a concludere in modo regolare e con successo i diversi percorsi di scuola superiore disponibili in Italia (liceo scientifico, liceo classico, tecnico, professionale). Parallelamente, venivano misurati i tratti di personalità degli insegnanti secondo il modello dei Big Five: estroversione, apertura all’esperienza, coscienziosità, amicalità e nevroticismo.

I risultati mostrano che, in media, gli insegnanti attribuiscono agli studenti con background svantaggiato una probabilità inferiore del 20,7% di completare con successo un percorso accademico, rispetto ai pari con background medio-alto. Per i percorsi tecnico-professionali, il gap è più contenuto, ma significativo (−6,5%).

Tuttavia, è analizzando le interazioni tra la personalità del docente e lo svantaggio socioeconomico che emergono i dati più interessanti. Quando un docente ha un profilo più estroverso e aperto all’esperienza, il divario di aspettative nei confronti degli studenti svantaggiati aumenta al 46,8% per i licei e all’8,1% per i tecnico-professionali. Al contrario, insegnanti più coscienziosi e amichevoli tendono a valutare più positivamente le chance degli studenti socio-economicamente svantaggiati nei percorsi tecnico-professionali, fino a superare del 17,2% la media delle stime.

Perché accade questo? Gli autori ipotizzano che gli insegnanti più aperti, attratti da stimoli culturali e astratti, potrebbero percepire gli studenti svantaggiati come meno preparati ad affrontare l’impegno teorico dei licei, per via di una minore esposizione a stimoli extracurricolari. Allo stesso modo, gli insegnanti estroversi, che valorizzano le relazioni sociali, potrebbero ritenere che studenti privi di reti familiari forti fatichino a integrarsi in ambienti scolastici elitari. 

«Ricerche future dovranno testare queste ipotesi su più larga scala. In ogni caso, i risultati di questa prima indagine sollevano la possibilità di un rischio concreto: che studenti con caratteristiche simili finiscano in percorsi diversi solo perché assegnati a insegnanti con personalità differenti», sottolinea Giustinelli. «Questo potrebbe avere implicazioni per l’equità del sistema scolastico e per le prospettive di mobilità sociale».

La ricerca non è in grado di dire se le aspettative degli insegnanti siano corrette o se contribuiscano a realizzare ciò che anticipano, in un meccanismo di “profezia che si autoavvera”. Ma il fatto che queste aspettative dipendano sistematicamente dalla personalità dell’insegnante – a parità di tutte le altre variabili – suggerisce che non si tratta semplicemente di valutazioni obiettive.

Per questo, gli autori ragionano sull’adozione di possibili contromisure. Come quella di limitare il peso delle opinioni soggettive nel processo di orientamento, magari attraverso strumenti standardizzati o l’uso di intelligenza artificiale, oppure bilanciare le personalità dei docenti nei consigli di classe. Un'altra idea è valutare i tratti di personalità dei futuri insegnanti durante i percorsi universitari o all’ingresso nella professione, per garantire una maggiore consapevolezza del loro ruolo nel plasmare i destini scolastici.

 

PAMELA GIUSTINELLI

Università Bocconi
Dipartimento di Economia