Tre idee per stimolare la produttivita'
L'Italia ha registrato un calo della produttività totale dei fattori (Ptf) a partire dalla metà degli anni '90 e tale declino è responsabile della maggior parte della stagnazione del paese negli ultimi venti anni. In un report con Sara Caligaris, Massimo Del Gatto, Fadi Hassan e Gianmarco Ottaviano (Italy's productivity conundrum: A study on resource misallocation in Italy) ci concentriamo sul ruolo della cattiva allocazione delle risorse nell'evoluzione della Ptf. Si osserva cattiva allocazione quando le imperfezioni del mercato ostacolano il flusso delle risorse dalle imprese meno produttive a quelle più produttive. La cattiva allocazione delle risorse in Italia è aumentata dal 1995 e il suo impatto sulla sciagurata evoluzione della produttività italiana è importante: se nel 2013 la cattiva allocazione fosse rimasta al livello del 1995, la produttività italiana sarebbe più alta del 18% nel settore manifatturiero e del 67% nei servizi.
Per comprendere meglio i meccanismi della cattiva allocazione, abbiamo raggruppato le imprese per settore, area geografica e dimensione e abbiamo scomposto la nostra misura di cattiva allocazione in una componente "nel gruppo" e una "tra i gruppi". La componente "nel gruppo" è il principale motore della cattiva allocazione per tutti i raggruppamenti e ha cominciato ad aumentare sensibilmente a partire dal 1995, lo stesso anno in cui ha iniziato a calare la Ptf.
Questo risultato implica che, per aumentare la produttività, l'Italia non dovrebbe concentrarsi su politiche volte a far muovere le risorse tra settori, aree geografiche e classi dimensionali, ma piuttosto su politiche volte ad allocare capitale e lavoro alle migliori aziende all'interno di ciascuna categoria.
Ciò significa che l'Italia dovrebbe concentrarsi meno sul movimento di capitale e lavoro, per esempio, dal tessile all'elettronica o dal Sud al Nord, e più sul facilitare la mobilità dei lavoratori e dei capitali verso le aziende più produttive nel settore tessile o del Sud. Il che rappresenta sia un'opportunità che una sfida. Un'opportunità, perché trasferire i fattori all'interno di un settore o area è meno costoso; una sfida, perché è più difficile capire che cosa impedisca, all'interno di uno stesso settore o area, l'espansione delle imprese ad alta produttività e l'implosione di quelle a bassa produttività. Più in generale, impostare le condizioni quadro per un corretto funzionamento di mercato delle riallocazioni potrebbe essere più efficace che perseguire politiche industriali tradizionali volte a scegliere i settori vincenti.
L'aumento della cattiva allocazione è in gran parte dovuto al fatto che le imprese a bassa produttività hanno maggiori probabilità di sopravvivere oggi che vent'anni fa e questo fatto indica l'inefficienza delle istituzioni e delle regole che governano il processo di ristrutturazione dell'impresa. Consideriamo rilevanti i seguenti aspetti. In primo luogo, la regolamentazione delle procedure fallimentari e l'efficienza del sistema giudiziario nella riallocazione del patrimonio delle imprese in difficoltà. Questi sono stati oggetto di diverse riforme nel recente passato, i cui risultati dovrebbero auspicabilmente esplicitarsi nei prossimi anni. In secondo luogo, il processo di allocazione del credito da parte delle banche, che rischia di portare a 'prestiti zombie', per cui viene fatto credito alle imprese a bassa produttività per impedire che falliscano. In terzo luogo, la diffusione degli operatori finanziari specializzati nella ristrutturazione e risanamento, come le società di private equity. Il mercato dei fondi di private equity è ancora poco sviluppato in Italia, anche a causa della loro regolamentazione e dei vincoli sulla ristrutturazione delle imprese.