SDA Bocconi, 40 anni di successi nel segno di Claudio Dematte'
Quarant'anni di SDA Bocconi attraverso le vicende personali, professionali e umane del suo fondatore, Claudio Dematté, scomparso nel 2004. Questo il tema dell'incontro di martedì 16 ottobre, presso l'aula magna di via Gobbi 5 dell'Università Bocconi, dal titolo "Gettare il cuore oltre l'ostacolo – Claudio Dematté e i primi quarant'anni di SDA Bocconi", ideato e organizzato da SDA con il contributo di Achille Marzio Romani, professore emerito di Storia economica alla Bocconi. "Un'occasione per ritrovarsi e per ricordare Dematté celebrando la SDA, non un convegno in senso classico", ha detto il direttore di SDA, Alberto Grando, nel suo discorso introduttivo.
E così è stato attraverso le parole o anche solo la presenza dei molti amici, allievi e colleghi che con Demattè hanno avuto rapporti professionali e umani: Andrea Sironi, Giuseppe Airoldi, Maurizio Dallocchio, Severino Salvemini, Elio Borgonovi, Franco Amigoni, Enrico Valdani, Vittorio Coda, Bruno Busacca e molti altri docenti di diverse generazioni. "Ho partecipato ai secondi 20 anni della SDA e avrei voluto esserci anche nei primi 20, quelli della start-up", ha ricordato il rettore Andrea Sironi, "la Scuola è stata la prima a lanciare un programma internazionale, l'Mba, facendo da trascinatrice e da forza innovatrice per il resto dell'Università. Di Dematté voglio ricordare l'indipendenza, il fatto che fosse libero da condizionamenti e disposto a lasciare qualunque incarico se sentiva venir meno la sua libertà". E' toccato poi ad Achille Marzio Romani ricostruire il contesto storico in cui si dibattevano la Bocconi e l'intero mondo dell'università italiana, tra la fine degli anni '60 e i primi '70, "anni difficili, di contestazione e culminati, in Bocconi, con l'uccisione nel 1973 di Roberto Franceschi, nei quali la SDA sembrava all'inizio un modello sbagliato, prima di essere corretto e diventare vincente".
Un modello innovativo che si rifaceva, ma non copiava, le grandi business school americane, come Harvard, nella quale venne inviato un gruppo di giovani docenti per imparare: "Si voleva importare quel modello", ha ripreso Grando, "ma poi la SDA fu capace di affrancarsi e tracciare un proprio modello che era una mediazione tra quello americano e l'identità del nostro paese". Capacità innovativa, quindi, coraggio e una grande libertà di movimento che, a dispetto delle poche risorse a disposizione, Claudio Dematté era riuscito a garantire, erano le caratteristiche della SDA degli albori, come ha voluto testimoniare anche Enrico Valdani, direttore del Dipartimento di marketing: "La SDA fu, ed è ancora, un vero laboratorio sperimentale nel quale si sono sempre fatte cose poco ortodosse. Fu proprio Dematté a lanciare l'idea dell'internazionalizzazione quando sembrava ancora prematura, con quella sua modalità caratteristica del gettare il cuore oltre l'ostacolo".