Quindici imprese sulla cassa del gruppo
L'ubiquità dei conglomerati e dei gruppi d'imprese nei paesi avanzati e in quelli emergenti richiede un'attenta valutazione dei canali, attraverso i quali essi modellano l'ambiente economico. Un nuovo studio di Chiara Fumagalli (Dipartimento di Economia, IGIER e Centro Paolo Baffi sulle Banche Centrali e sulla Regolamentazione Finanziaria), Nicolas Serrano-Velarde (Dipartimento di Finanza e IGIER), Giacinta Cestone (Cass Business School), Giovanni Pica (Università di Salerno e IGIER), e Xavier Boutin (Commissione Europea) analizza come l'appartenenza a un gruppo impatti sulla concorrenzialità del mercato.
Nell'articolo The Deep-Pocket Effect of Internal Capital Markets, di prossima pubblicazione su The Journal of Financial Economics, Fumagalli e i suoi coautori utilizzano un prezioso dataset sulla struttura di proprietà delle imprese francesi, fornito dall'Istituto di statistica francese (INSEE). I loro risultati indicano che, nei gruppi ricchi di liquidità, il mercato interno del capitale alloca la liquidità in modo da alleviare i vincoli finanziari delle unità affiliate, facendone attori più competitivi nel loro mercato. Di conseguenza, l'ingresso in un mercato è scoraggiato quando le imprese dominanti sono affiliate a gruppi con ampie riserve di liquidità. Lo studio rileva anche che l'effetto è più pronunciato negli ambienti in cui l'accesso a finanziamenti esterni è più problematico, come i settori con un'alta proporzione di asset intangibili sugli asset totali, i settori in recessione o quelli innovativi.
Un'implicazione pratica che si può trarre dall'analisi è che, negli ambienti in cui il finanziamento esterno è costoso, la presenza nel mercato di attori dominanti affiliati a gruppi ricchi di liquidità dovrebbe essere considerata una seria barriera all'entrata.
I risultati del paper non dovrebbero, però, essere letti come un sostegno all'opinione secondo cui l'affiliazione a un gruppo è, di per sé, un fattore anti-concorrenziale. Prima di tutto, i risultati del paper indicano che le imprese sostenute da gruppi ricchi di liquidità sono meglio attrezzate ad entrare in nuovi mercati. Da questo punto di vista, l'affiliazione a un gruppo è chiaramente pro-concorrenziale. In secondo luogo, i risultati suggeriscono che il cuscinetto finanziario messo a disposizione dei membri del gruppo consente loro di adottare strategie di mercato che i concorrenti non sostenuti da gruppi (e in ristrettezze finanziarie) non possono permettersi. Ciò può anche rendere più dura la concorrenza e, a dispetto di una riduzione degli ingressi, potrebbe beneficiare i consumatori (e il benessere complessivo) attraverso prezzi più bassi, qualità superiore e la selezione di attori più efficienti.
I risultati di questo lavoro, documentando che i gruppi possono avere un forte impatto sulle dinamiche di un settore, richiamano la necessità di un'indagine sistematica delle determinanti della formazione dei gruppi.