
Quando i dati corrono a velocità diverse
Come capire se l’economia sta per imboccare una strada pericolosa? Negli ultimi anni gli economisti hanno parlato sempre più spesso di “growth-at-risk”, cioè della probabilità che la crescita futura scivoli verso scenari estremi e indesiderati. È un’idea semplice ma potente: non guardare solo alla previsione media del PIL o dell’inflazione, ma interrogarsi sulle code della distribuzione, dove si nascondono i rischi maggiori di recessione, crisi del debito o fiammate inflazionistiche. Un recente lavoro di Massimiliano Marcellino (Bocconi) e Michael Pfarrhofer (WU Vienna) propone nuovi strumenti per affrontare questo compito. Lo studio, pubblicato da Economics Letters, si concentra sull’Italia, un Paese ad alto debito pubblico dove monitorare i rischi macroeconomici è cruciale
Guardare oltre la media: il ruolo delle code
Quando si parla di previsioni economiche, siamo abituati a sentirci dire cose come “il PIL crescerà dell’1% l’anno prossimo.” Ma quella è la media. Attorno a quel numero c’è una distribuzione di scenari possibili: la parte centrale copre gli esiti più probabili, in questo esempio leggermente sopra o sotto l’1%. Nelle code, invece, si trovano gli eventi rari ma critici: una recessione profonda, un’impennata improvvisa dei prezzi, un’esplosione del debito.
Ed è proprio lì che si concentrano le preoccupazioni delle banche centrali e dei governi. Studiare le code significa prepararsi non al futuro “più probabile”, ma a quello che può fare più male. In altre parole: dal “quanto cresceremo” al “quanto potremmo cadere (o surriscaldarci) se le cose vanno male (o troppo bene)”.
Dati che viaggiano a velocità diverse
Un problema pratico è che gli indicatori economici non viaggiano tutti alla stessa velocità: il PIL e il debito si misurano ogni tre mesi, mentre inflazione, produzione industriale o disoccupazione arrivano mese per mese. Marcellino e Pfarrhofer hanno quindi sviluppato un modello “a frequenza mista” in grado di combinare insieme queste fonti eterogenee, così da ottenere previsioni aggiornate in tempo reale. Per farlo, i ricercatori hanno confrontato due famiglie di strumenti:
- i modelli VAR bayesiani, più tradizionali ma resi più realistici perché tengono conto del fatto che la volatilità dei dati economici non è costante ma può cambiare nel tempo;
- i modelli BART (Bayesian Additive Regression Trees), capaci di catturare relazioni più complesse e non lineari, adattandosi meglio all’andamento effettivo dei dati.
Previsioni più accurate
Applicando queste tecniche a variabili chiave come debito/PIL, deficit, crescita del PIL reale, inflazione, disoccupazione e produzione industriale, gli autori hanno mostrato che i nuovi accorgimenti migliorano la capacità di prevedere i rischi estremi. In alcuni casi i modelli non lineari (BART) hanno superato i concorrenti più tradizionali, soprattutto per l’inflazione e per la disoccupazione; in altri, i VAR aggiornati si sono dimostrati particolarmente solidi.
Uno strumento per la politica economica
Monitorare i rischi non significa ovviamente indovinare con certezza il futuro, ma avere mappe più affidabili dei possibili scenari negativi. Per un Paese come l’Italia, questo può fare la differenza tra reagire in ritardo o intervenire per tempo su politiche fiscali e monetarie.
Più in generale, il lavoro dimostra quanto la frontiera dell’econometria non sia solo un esercizio teorico: nuovi algoritmi e modelli statistici possono tradursi in strumenti concreti per leggere meglio l’incertezza che accompagna le nostre economie.
Massimiliano Marcellino, Michael Pfarrhofer, “Nonparametric mixed frequency monitoring macro-at-risk”, Economics Letters Volume 255, September 2025, DOI https://doi.org/10.1016/j.econlet.2025.112498