
Le “stelle” delle cause miliardarie: come gli studi legali d’élite dominano le grandi battaglie societarie
Quando una multinazionale viene citata in giudizio per frode, abuso o mala gestione, l’attenzione pubblica si concentra spesso sul nome dell’azienda. Ma, dietro le quinte, la vera partita si gioca tra studi legali: quelli che rappresentano i manager e quelli che difendono gli azionisti o i consumatori. Ed è proprio su questi ultimi – i “plaintiff law firms”, i grandi studi che rappresentano i querelanti – che si concentra il nuovo studio di Alberto Manconi (Bocconi, Dipartimento di Finanza) e Ekaterina Neretina (Bocconi, Dipartimento di Accounting), insieme a Allen Ferrell (Harvard Law School), William Powley (Cake Shop Capital), e Luc Renneboog (Tilburg University).
La ricerca, pubblicata sul Journal of Accounting Research, analizza oltre 35.000 cause aziendali avvenute negli Stati Uniti tra il 1970 e il 2020. La domanda chiave è tanto semplice quanto di vasta portata: gli studi legali più famosi portano davvero risultati migliori ai loro clienti, oppure sono semplicemente più bravi a scegliersi i casi vincenti?
Dietro i numeri delle grandi cause
I ricercatori hanno costruito un imponente database che incrocia dati su società quotate, tribunali federali e assicurazioni per il contenzioso. Tra le cause più note ci sono i colossi Enron (7 miliardi di dollari di risarcimento nel 2008), GlaxoSmithKline (3 miliardi nel 2012) e Abbott Laboratories (1,8 miliardi nel 2009).
Sebbene gli studi legali ‘star’ ottengano performance migliori rispetto agli altri, una parte non trascurabile di tale successo può essere attribuita a un meccanismo di selezione che li porta ad affrontare le cause più grandi.
L’analisi mostra che i dieci principali studi legali americani, definiti “star law firms”, controllano circa un terzo dei risarcimenti complessivi delle cause societarie. Ma, come sottolineano gli autori, «sebbene gli studi legali ‘star’ ottengano performance migliori rispetto agli altri, una parte non trascurabile di tale successo può essere attribuita a un meccanismo di selezione che li porta ad affrontare le cause più grandi.»
L’effetto “star”: competenza o branding?
Secondo lo studio, le law firm superstar ottengono risarcimenti più alti dell’8% rispetto alla media. Tuttavia, oltre l’80% della loro performance può essere “previsto” dal livello di copertura assicurativa e dalle caratteristiche del caso. Le star quindi generano valore, ma parte della loro forza deriva dal fatto che attirano le cause più redditizie.
C’è di più: questi studi legali fanno pagare ai clienti commissioni mediamente più alte del 6% rispetto agli studi ordinari — un extra che, su una causa da 20 milioni di dollari, vale circa 1,2 milioni di dollari.
Quando la reputazione diventa un’arma legale
Lo studio evidenzia che la reputazione nel mercato dei servizi legali funziona come una barriera all’entrata: gli studi emergenti faticano a competere con i nomi affermati, che godono di maggiore visibilità e attraggono i clienti più informati (o semplicemente più ricchi). Il rischio è che il sistema resti dominato da poche “superstar”, indipendentemente dalla reale qualità del servizio.
[I nostri risultati sono] coerenti con un effetto di selezione, ossia un meccanismo economico che associa gli studi legali di attori stellari a cause in cui anche uno studio legale meno prestigioso potrebbe essere in grado di ottenere un risultato simile.
Come osservano Manconi e Neretina, «[I nostri risultati sono] coerenti con un effetto di selezione, ossia un meccanismo economico che associa gli studi legali ‘superstar’ a cause in cui anche uno studio legale meno prestigioso potrebbe essere in grado di ottenere un risultato simile.»
Un mercato da miliardi (e da ripensare)
Oltre a svelare il ruolo economico degli studi legali, la ricerca apre una riflessione più ampia sulla governance aziendale e l’equità del sistema giudiziario. Se la reputazione può determinare chi ottiene giustizia – e quanto costa – allora la concorrenza tra studi dovrebbe essere più trasparente.
Il lavoro di Manconi e colleghi mostra che la giustizia d’impresa non è solo una questione di diritto, ma anche di economia, informazione e potere di mercato. E, come spesso accade, a vincere non è solo chi ha ragione, ma anche chi può permettersi la migliore squadra legale.
Allen Ferrell, Alberto Manconi, Ekaterina Neretina, William Powley, Luc Renneboog, “Corporate Litigation, Governance, and the Role of Law Firms”, Journal of Accounting Research (2025). DOI: 10.1111/1475-679X.70021