Paese che vai, mercato del lavoro che trovi
Le caratteristiche del mercato del lavoro sono influenzate dalla cultura nazionale, e i cambiamenti culturali determinano cambiamenti nelle caratteristiche del mercato del lavoro, affermano Francesco Giavazzi (Dipartimento di Economia), Fabio Schiantarelli (Boston College) e Michel Serafinelli (University of California, Berkeley) in Attitudes, Policies and Work (di prossima pubblicazione su Journal of the European Economic Association), uno studio che cattura le variazioni della cultura e del mercato del lavoro sia nel tempo, sia nello spazio.
Il paper si focalizza sulle determinanti culturali del tasso di occupazione delle donne e dei giovani e del numero di ore lavorate, e gli autori si propongono di superare le limitazioni della letteratura corrente su cultura e mercato del lavoro, che non considera gli altri fattori che possono determinare le caratteristiche del mercato del lavoro; generalmente non riconosce che le variabili utilizzate come indicatori della cultura di una nazione sono tipicamente endogene; raramente riconosce che il tasso di occupazione e le ore lavorate evolvono solo con una certa gradualità.
Giavazzi e i suoi colleghi misurano gli atteggiamenti culturali rispetto al lavoro delle donne (una possibile determinante del tasso di occupazione femminile), all'indipendenza dei giovani (per la sua possibile relazione con il tasso di occupazione giovanile) e all'importanza attribuita alle vacanze (che può essere correlata alle ore lavorate), attraverso il World Value Survey, un progetto di ricerca che esplora con regolarità i valori delle persone attraverso questionari distribuiti in quasi 100 paesi. Gli autori costruiscono un modello in cui le caratteristiche del mercato del lavoro sono funzione degli indicatori culturali, delle politiche e delle stesse caratteristiche nel passato e lo testano attraverso il Generalized Method of Moments (GMM).
Il risultato è che l'atteggiamento rispetto alla maternità è una determinante importante dell'occupazione femminile (che diminuisce al crescere della quota di persone che ritiene che la maternità sia essenziale per la realizzazione di una donna) e che l'atteggiamento rispetto alle vacanze influenza il numero di ore lavorate (più sono apprezzate le vacanze, meno si lavora), ma che tutto ciò non può valere da scusa per non impegnarsi a realizzare buone politiche – anch'esse essenziali. In particolare, una legislazione di forte protezione del lavoro si rivela essere un ostacolo all'occupazione femminile, perché favorisce gli insider (per lo più maschi nell'età più produttiva), mentre un alto cuneo fiscale limita le ore lavorate. "Per esempio, nel 2000 il tasso di occupazione femminile nel Regno Unito era più alto di 21,4 punti percentuali rispetto a quello italiano", scrivono gli autori per dare un'idea dell'ordine di grandezza degli effetti descritti, "9,1 punti percentuali sono spiegati dalle differenze culturali (il Regno Unito risulta più aperto) e 14,7 punti percentuali dalle differenze della legislazione di protezione del lavoro (più stringente in Italia)".
Nulla di definitivo può, invece, essere detto sulla relazione tra cultura e occupazione giovanile.