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Non piu' semplici spettatori

, di Severino Salvemini - ordinario presso il Dipartimento di management e tecnologia
Cultura. Un blocco psicologico ci impedisce di ripartire

Occorre andare avanti. La discussione se la dimensione economica possa essere conciliata con la sacralità della cultura appare ormai superata. E forse anche il ministro dell'Economia è stato equivocato quando si è espresso con la frase riportata dai media che con la cultura non si mangia (in effetti non è immaginabile un pensiero così rozzo da parte di un intellettuale che ben conosce il ruolo delle arti nell'economia postmoderna, come è l'attuale ministro). Occorre quindi andare avanti e proseguire nel sentiero ormai tracciato da decine di studi che parlano di un significativo impatto economico di fronte a un investimento culturale. E il pamphlet Italia reloaded. Ripartire con la cultura di Pier Luigi Sacco e Christian Caliandro ci aiuta a fare il punto: fin qui siamo arrivati e abbiamo consolidato il paradigma. Ora dobbiamo fare un passo avanti e davvero dobbiamo fare uscire il Paese da una condizione di amnesia collettiva e di paralisi creativa.

E in questo le arti e la cultura, se ce la giochiamo bene, possono diventare vere armi propulsive di scatto imprenditoriale e organizzativo. Ci manca una ricostruzione identitaria, ma essa non può provenire solo da una rinnovata tutela e valorizzazione culturale. Per superare di un balzo il blocco psicologico che intrappola gli italiani così distanti e indifferenti dal loro patrimonio artistico occorre passare da una concezione passiva della cultura (che prevede una netta separazione tra i produttori e i fruitori della cultura e di conseguenza una forte attenzione solo alle modalità di offerta di musei, gallerie, teatri, parchi archeologici, ecc., nella speranza di riuscire a modernizzarla secondo i canoni del consumo esperienziale) ad una concezione attiva, o meglio, proattiva, dove invece gli interlocutori si inseriscono in un processo di produzione culturale che aiuti ad accumulare conoscenze e innovazioni, secondo logiche più partecipative e meno passive (e in tal caso i fruitori non sono vissuti come semplice domanda, anche se sofisticata e raffinata, bensì come un soggetto protagonista che trasforma il proprio patrimonio cognitivo).

Il volume di Sacco e Caliandro sottolinea proprio questo passaggio delicato: occorre abbandonare un modo di fruire la cultura, in cui la distanza tra lo spettatore e l'oggetto culturale è molto rilevante, a volte incolmabile. È la concezione in cui la domanda è vista come clientela. Una distanza che non aiuta nemmeno a comprendere il ruolo fondamentale delle arti contemporanee, dove il linguaggio precoce e sperimentale degli artisti fa fatica ad essere apprezzato in un mondo in cui l'impostazione mainstream sta continuamente scacciando e marginalizzando l'innovazione delle avanguardie.