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Nature: La natalita' torna a crescere nei paesi piu' avanzati

, di Fabio Todesco
Meno invecchiamento e addio ai rischi di spopolamento grazie all'inversione di tendenza, osservata a livelli molto elevati dell'indice di sviluppo umano da un articolo di Francesco Billari della Bocconi e due coautori

Nel 1974, in un'atmosfera di paura per le conseguenze della sovrappopolazione del pianeta, uno degli slogan della conferenza mondiale sulla popolazione di Bucarest era "il miglior contraccettivo è lo sviluppo economico". A 35 anni di distanza, in un'atmosfera di paura per la denatalità che ha colpito i paesi ricchi, possiamo dire che "il migliore stimolo alla natalità è l'ulteriore sviluppo". Oltre un certo livello di sviluppo socio-economico la relazione storicamente negativa tra sviluppo e numero di figli, infatti, si inverte e il tasso di fecondità torna ad aumentare.

Lo dimostrano Francesco Billari dell'Università Bocconi, Hans Peter Kohler e Mikko Myrskylä (entrambi della University of Pennsylvania) in un articolo che sarà pubblicato sul prossimo numero di Nature, disponibile nel sito internet www.nature.com da giovedì 6 agosto: Advances in Development Reverse Fertility Declines (Un maggiore sviluppo inverte il declino della fecondità).

Negli scorsi decenni il legame inverso tra sviluppo socio-economico e numero medio di figli "è diventato una delle regolarità empiriche più consolidate e riconosciute nelle scienze sociali. Come risultato di questo stretto legame tra sviluppo e declino della fecondità, più di metà della popolazione mondiale", scrivono i tre autori, "vive in regioni a tasso di fecondità sotto la soglia di equilibrio".

Se, come fanno Billari, Kohler e Myrskylä, misuriamo lo sviluppo delle nazioni con l'Indice di sviluppo umano (un indicatore utilizzato dal Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo, che combina aspettativa di vita, reddito e alfabetizzazione) e lo mettiamo in relazione al tasso di fecondità (numero medio di figli) ci accorgiamo che, dai primi anni del XXI secolo, si assiste a un'inversione di tendenza nelle nazioni che raggiungono un livello di sviluppo umano molto alto. A livelli bassi o intermedi una crescita nell'Indice di sviluppo umano continua a tradursi in una riduzione della fecondità, ma oltre un certo livello un ulteriore sviluppo comporta un aumento delle nascite. Il punto di svolta si attesta attorno a livelli dell'Indice di 0,86 (nel 2008 lo superavano 46 nazioni su 179) e l'aumento della fecondità, quando questo punto viene superato, è più veloce del declino precedente.

"L'individuazione di questa relazione", dichiara Francesco Billari, "significa che i timori di invecchiamento della popolazione del mondo sviluppato emersi negli ultimi anni, per quanto fondati, sono esagerati dalla previsione che nei paesi avanzati a un maggiore sviluppo si accompagni un ulteriore declino della natalità".

I dati non fanno in nessun modo pensare che, nel prossimo futuro, il mondo sviluppato possa tornare al tasso di fecondità di equilibrio (2,1 figli per ogni donna), ma i tre autori ritengono che la popolazione dei paesi più sviluppati possa rimanere stabile dove si assista a una dinamica migratoria vivace e declinare solo lentamente dove il fenomeno migratorio sia poco diffuso.

La relazione osservata da Myrskylä, Kohler e Billari è piuttosto robusta, ma esistono delle eccezioni, prime tra tutte Giappone e Corea del Sud, dove non si è assistito all'inversione di tendenza, nonostante livelli molto alti dell'Indice di sviluppo umano. Per comprendere appieno i motivi di tali eccezioni, i tre studiosi invocano una migliore comprensione di come flessibilità del mercato del lavoro, sicurezza sociale, uguaglianza economica e di genere e politiche sociali e per la famiglia stimolino un più alto livello di natalità nelle società avanzate. "Analisi condotte in Europa", scrivono gli autori, "mostrano una relazione positiva tra la fecondità e indicatori di innovazione nel comportamento familiare o nella partecipazione femminile al mercato del lavoro. A livelli avanzati di sviluppo i governi potrebbero opporsi al declino della fecondità implementando politiche che migliorino l'uguaglianza di genere e la compatibilità tra successo economico (partecipazione al mercato del lavoro compresa) e vita familiare", aspetti che non contraddistinguono certo i giganti economici asiatici.