Ma il Nord America e' partito con il vantaggio
In contrapposizione alla tesi della rincorsa, secondo cui il Nord America avrebbe inseguito economicamente sia l'Europa occidentale, sia il Sud America durante il periodo coloniale e avrebbe beneficiato di un rovesciamento del trend a partire dall'inizio del XIX secolo, i risultati presentati da Tommy Murphy (Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico, IGIER e Centro Dondena), Robert Allen ed Eric Schneider (University of Oxford) suggeriscono che per gran parte dei secoli XVII e XVIII il Nord America sia stato la regione più ricca del mondo. Gli standard di vita nordamericani erano in linea con quelli dell'Europa nordoccidentale e due volte quelli dell'America Latina, Europa meridionale e Asia.
Nel loro The Colonial Origins of the Divergence in the Americas: A Labour Market Approach (IGIER Working paper n. 402), Murphy e i coautori propongono una comparazione degli standard di vita in città del Nord America, America Latina, Europa e Asia durante il periodo coloniale. Data la mancanza di dati di qualità soddisfacente sulla performance economica dei continenti americani e il fatto che la gran parte dei redditi di allora fossero redditi da lavoro, gli autori utilizzano, come proxy dello standard di vita, i salari reali in queste regioni. Raccolgono i salari nominali e li trasformano utilizzando indici autoprodotti dei prezzi al consumo per stabilire il potere d'acquisto dei salari in diverse città nel corso del tempo. Ottengono così serie storiche degli standard di vita comparando i redditi annuali dei lavoratori con il costo di mantenimento delle loro famiglie al livello di sussistenza. La comparazione internazionale di queste serie porta alla conclusione che il Nord America era già tra le regioni più avanzate del mondo all'inizio della colonizzazione.
Il meccanismo di mercato che opera in questo caso è il seguente: allo scopo di favorire l'immigrazione dalle metropoli europee, le colonie dovevano offrire salari vantaggiosi, che coprissero il costo opportunità di lasciare il paese d'origine e il costo di emigrazione. Perciò i salari prevalenti nelle colonie dovevano tenere conto di quelli vigenti in Europa. I salari erano considerevolmente superiori in Inghilterra che in Spagna e ciò spiega gran parte della differenza tra i salari delle colonie britanniche e spagnole.
Gli autori indagano altri due meccanismi che dimostrano di avere avuto un effetto minore. In primo luogo, le caratteristiche delle colonie (produttività, istituzioni, proporzioni della forza lavoro nativa, geografia ecc.) non hanno avuto un'influenza permanente sui salari e il benessere, e perciò non spiegano il gap negli standard di vita tra America del Nord e America Latina. Tali caratteristiche hanno avuto una notevole influenza sullo sviluppo delle colonie, e di conseguenza sulla domanda di lavoro di ogni colonia. Attraverso questo canale, le espansioni trainate dalla produzione o la diminuzione dei prezzi degli schiavi in Nord America fecero crescere il livello dei salari sopra i livelli europei. Ma in seguito, all'aumentare dei flussi di immigrazione dall'Europa, la popolazione crebbe, fino a far precipitare di nuovo i salari, spazzando così via i temporanei miglioramenti degli standard di vita. In secondo luogo, i regimi di lavoro forzoso in Messico e America Latina potrebbero aver depresso i salari aumentando l'offerta di lavoro, un meccanismo che non ha operato in Nord America per via della scarsa sostituibilità del lavoro degli schiavi e dei bianchi. Tuttavia, tale effetto dovrebbe avere avuto solo un impatto minore dal momento che quel genere di regime aveva perso la sua presa già all'inizio del XVII secolo.