Le novita' dell'innovazione
"Processi incrementali che coinvolgono una molteplicità di persone indipendenti, che possono ricoprire contemporaneamente, e nello stesso progetto, i ruoli di innovatori e di consumatori autoselezionando così le caratteristiche della loro stessa innovazione attraverso la condivisione di interessi, esperienze e capacità" non sarà una definizione ortodossa di innovazione, ma descrive bene il mondo emergente dell'Open Patenting (OP), il tema di From Open Source Software to Open Patenting: What's New in the Realm of Openness?, un working paper di Mariateresa Maggiolino and Maria Lillà Montagnani (entrambe Dipartimento di Studi Giuridici).
Anche se "è ancora un fenomeno caleidoscopico, i cui confini rimangono instabili", l'OP si sta diffondendo in reazione all'allargamento continuo del dominio della proprietà intellettuale (intellectual property, IP). Negli ultimi anni "è stata garantita protezione a nuovi ambiti", scrivono le due studiose, "come i metodi gestionali, la conoscenza tradizionale, i programmi informatici, le sequenze genetiche, le bio e nano tecnologie; e sono stati introdotti nuovi diritti, come i diritti sui generis sui database, le varietà vegetali e i circuiti integrati". Nel frattempo, la legislazione ha allungato la durata dei diritti di proprietà intellettuale (intellectual property rights, IPRs).
Una prima, ma già consolidata, risposta a quest'ondata di appropriazione è il movimento Open Source (OS), che ha portato all'Open Source Software (OSS) e che utilizza internet per promuovere l'aggregazione e la condivisione dei contenuti e consentire così agli individui di trarre vantaggio dalla conoscenza e di modificarla. L'OSS, chiariscono Maggiolino e Montagnani, è un diverso regime di licenza per il software soggetto a copyright: i programmi non sono parte del pubblico dominio; vengono soggetti a copyright per prevenire che terze parti se ne approprino al posto degli sviluppatori originali e accordi specifici vincolano gli sviluppatori successivi a osservare regole che garantiscano la sopravvivenza del fenomeno OSS. L'OSS si è dimostrata un'iniziativa profittevole per le imprese private, con giganti come IBM che traggono guadagni dalla distribuzione del software e dalla vendita di servizi collegati.
Le due studiose sottolineano che, dopo un certo scetticismo iniziale, "sentenze recenti tendono ad affermare che le licenze OSS sono difendibili" anche se su basi diverse. Una sentenza tedesca del 2004 ha sanzionato un comportamento scorretto come violazione della licenza, mentre una sentenza americana del 2008 l'ha considerata una violazione del diritto d'autore.
Una lasca definizione di OP richiederebbe almeno innovazioni brevettate, i cui detentori decidono di licenziarle secondo uno schema diverso dal tradizionale modello "tutti i diritti riservati". Maggiolino e Montagnani analizzano così tre casi di OP: l'Open Invention Network (OIN), un pool online di circa 100 brevetti collegati a Linux "che ruota intorno a un accordo standard di licenza che vincola ogni detentore a cedere il proprio brevetto di software insieme all'impegno a non agire in giudizio per violazione del medesimo in cambio della possibilità di usare tutti gli altri brevetti"; il progetto BiOS, che garantisce libero accesso ad alcuni materiali biologici brevettati e non brevettati, strumenti e tecniche di ricerca attraverso speciali accordi di licenza; il progetto GreenXchange, che mira a stimolare l'innovazione offrendo uno schema contrattuale pubblico per la licenza di brevetti presenti nel database, rendendo così disponibili ad altri usi brevetti che sono detenuti a scopo difensivo o utilizzati in altri campi.
OIN e BiOS ruotano intorno a tre clausole: l'impegno a non agire in giudizio che vincola gli sviluppatori successivi a non mettere in discussione la validità del copyright originale; una clausola di restituzione, secondo la quale il licenziatario è tenuto a brevettare e trasferire al pool tutti i miglioramenti apportati alla tecnologia del pool utilizzata; una clausola "virale" che impegna gli sviluppatori successivi a rendere disponibili i loro miglioramenti alle stesse condizioni contrattuali stabilite dagli sviluppatori pionieri.
GreenXchange condivide con le altre due iniziative solo l'impegno a non agire in giudizio, suggerendo così alle autrici di non vincolare a una definizione stringente un fenomeno emergente e meritevole di sostegno, a dispetto di alcune critiche male indirizzate. "In somma, l'OP ha almeno due meriti", asseriscono le due studiose: "rende più economica l'innovazione, perché necessita di minori ritorni economici a valle per recuperare le spese; e libera sentieri innovatici che, al momento, non sono percorsi".