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Le conseguenze della legge fallimentare su finanziamenti e investimenti

, di Daniele Bianchi
Un nuovo paper di Nicolas Serrano Velarde, in collaborazione con Giacomo Rodano e Emanuele Tarantino, mostra come la riforma della legge fallimentare avvenuta in Italia nel periodo 2005 2006, ha avuto un effetto significativo su costo dei finanziamenti e investimenti

Le procedure fallimentari sono parte integrante del funzionamento del mercato di capitali. Fin dall'inizio hanno rappresentato un meccanismo cruciale nel bilanciare gli interessi di creditori e debitori nel contradditorio. Più in generale, la legge fallimentare mira a rappresentare gli interessi dei creditori. Tuttavia, si tratta di un istituto che può avere conseguenze significative per il costo del debito e degli investimenti, considerando che, in ultima istanza, deve assicurare la continuazione dell'attività d'impresa. In tal senso, procedure fallimentari come la ristrutturazione e la liquidazione d'impresa posso generare effetti diversi. Per esempio, l'aumento dei tassi d'interesse, avvenuto successivamente alla riforma della ristrutturazione d'impresa del 2005 in Italia, ha comportato una maggiore difficoltà nel finanziare progetti potenzialmente profittevoli, aumentando in questo senso la propensione delle imprese a mettere in atto comportamenti opportunistici. Diversamente, tali comportamenti sono diminuiti conseguentemente alla riforma del 2006 sulla liquidazione d'impresa, che ha comportato un migliore accesso al credito. Tale differenziazione negli effetti della riforma fallimentare del 2005-2006 in Italia rappresenta uno dei risultati più interessanti di Bankruptcy Law and Bank Financing, un articolo di Nicolas Serrano-Velarde (Dipartmento di Finanza), Giacomo Rodano (Banca d'Italia) e Emanuele Tarantino (Università di Mannheim), in corso di pubblicazione sul Journal of Financial Economics.


È interessante notare che l'impatto delle diverse procedure fallimentari sulla continuazione d'impresa ha ricevuto scarsa attenzione da un punto di vista empirico nella ricerca economica. Tuttavia, l'evidenza mostra che forme diverse, come la ristrutturazione e la liquidazione delle società generano effetti diversi su imprenditori e imprese più in generale. È un dato di fatto che una riforma delle procedure di ristrutturazione probabilmente rafforza i diritti del mutuatario di rinegoziare i contratti finanziari in essere, aumentando quindi il costo del finanziamento stesso. D'altra parte, una riforma delle procedure di liquidazione che rafforza i diritti dei creditori riduce verosimilmente il costo di tale finanziamento. In questo senso, per comprendere in modo efficace l'impatto del diritto fallimentare sulle aziende è fondamentale isolare gli effetti di queste due procedure che sono tra le più comuni.

Nel loro articolo, gli autori distinguono l'impatto della riforma della ristrutturazione e liquidazione d'impresa sulle condizioni del credito utilizzando i dati sul credito durante la legge di riforma fallimentare avvenuta nel 2005-2006 in Italia, concernente le piccole e medie imprese. La riforma italiana rappresenta in effetti una sorta di "esperimento naturale" in quanto composta da due leggi distinte e consecutive. La prima legge ha reso più semplice la rinegoziazione dei contratti di credito, mentre la seconda ha successivamente accelerato le procedure di liquidazione delle imprese. Questa linea temporale in due fasi consente agli autori di testare efficacemente l'effetto netto di ristrutturazione e di liquidazione sulle condizioni di finanziamento e investimento delle piccole e medie imprese.

Gli autori ritengono che, in effetti, la ristrutturazione del 2005 ha portato ad una stretta creditizia che ha in qualche modo incentivato comportamenti opportunistici delle imprese. Diversamente, la riforma di liquidazione nel 2006 ha facilitato l'accesso delle imprese al finanziamento bancario, che a sua volta ha portato a limitare comportamenti opportunistici incentivando tuttavia investimenti talvolta anche scarsamente profittevoli.