Lavoro. Un congedo parentale da condividere
Nell'atrio della Divisione di Ricerca della Riksbank, la banca centrale svedese, c'è una lavagna che riporta la lista di chi è temporaneamente assente. Scorrendola, leggo che due dipendenti saranno assenti per diversi mesi. La ragione? Congedo di paternità. In Svezia, infatti, farne uso è la norma sociale.
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Antonella Trigari |
In Italia, oltre al congedo di maternità di 5 mesi riservato alla madre (2 mesi prima del parto e 3 dopo) all'80% di indennità, entrambi i genitori hanno diritto al congedo parentale per una durata complessiva di 10 mesi, ciascuno per un massimo di 6 mesi, con una indennità del 30%. In Svezia, diversamente, non esiste un vero congedo di maternità (eccetto 2 settimane obbligatorie in prossimità della nascita, alle quali tuttavia si affiancano 10 giorni per i padri) ma unicamente un congedo parentale, della durata di 16 mesi, all'80% di indennità. Di questi, 2 mesi sono riservati a ciascun genitore e non trasferibili. Dei rimanenti 12 mesi, la metà è riservata a ciascun genitore e possono essere trasferiti solo dietro consenso scritto. È previsto un incentivo economico per una divisione più equa del congedo.
Ma quanto è usato il congedo parentale dai padri? In Italia, un'indagine Istat del 2011 stima che meno del 7% dei padri ha usufruito del congedo parentale, a fronte del 45% delle madri, che in ogni caso si astengono già dal lavoro per i 5 mesi obbligatori. Non solo, tra gli uomini che ne hanno usufruito, solo il 20% lo ha fatto per almeno un mese continuativo. In Svezia, invece, nel 2010 il 44% dei beneficiari del congedo parentale erano uomini, quasi la metà!
Non stupisce allora che la partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro sia tra le più basse in Europa. Nel 2011 il tasso di occupazione femminile era pari al 46,5%, più di 20 punti percentuali al di sotto del tasso maschile e più di 25 punti percentuali al di sotto dell'occupazione femminile svedese. In generale, la ricerca economica ha mostrato che un'ineguale ripartizione della cura dei figli è tra le principali cause di disparità di trattamento sul mercato del lavoro. In presenza di figli, le donne sono soggette a più interruzioni di carriera e di maggiore durata, che a loro volta possono comportare una sostanziale perdita di capitale umano, e se sono occupate lavorano meno ore rispetto agli uomini. Questo si traduce in un divario di genere, tanto nelle retribuzioni quanto nei percorsi di carriera. In Italia, stime recenti indicano che nel 2008 le retribuzioni delle donne a parità di istruzione, esperienza ed altre caratteristiche sono state inferiori in media del 13% rispetto a quelle maschili. Le donne si trovano quindi intrappolate in un equilibrio "cattivo".
Poiché guadagnano meno degli uomini ed hanno carriere più incerte, il nucleo familiare ha l'incentivo a che siano principalmente le donne a rinunciare al lavoro alla nascita di un figlio, il che si riflette a sua volta in salari inferiori e maggiori discriminazioni di carriera.
L'idea è quindi che una più equa divisione del congedo parentale diminuirebbe le disparità di genere sul mercato del lavoro, spostando le donne da un equilibrio "cattivo" a uno "buono", nel quale a un'organizzazione familiare più equa, e potenzialmente più efficiente, corrisponderebbe un esito nel mercato del lavoro più equo ed efficiente.
La riforma Fornero del mercato del lavoro ha introdotto il congedo di paternità: 1 giorno obbligatorio e 2 facoltativi! È chiaro che un intervento così limitato non può generare effetti sostanziali, soprattutto in presenza di resistenze culturali e norme sociali lente da modificare. Il nuovo governo dovrà fare molto meglio. Dovrà incentivare congedi parentali condivisi e flessibili, utilizzabili in part time orizzontale, pagati più del 30% anche se per un tempo più limitato, ma soprattutto favorire la sostituzione di settimane di congedo delle madri con settimane di congedo dei padri. Ne beneficerebbero i figli, le madri, i padri e l'economia, che oggi spreca un importante potenziale fattore di crescita, il capitale umano femminile.