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La direttiva UE sulla due diligence sostenibile impone nuovi obblighi anche alle multinazionali americane. Il paper di Enriques, Gatti e Shapira svela come la combinazione tra regole europee e cause in Delaware potrebbe riscrivere le strategie globali delle aziende

Nel mondo della corporate governance, la faglia più profonda oggi passa tra le sponde dell’Atlantico. Mentre negli Stati Uniti si assiste a un arretramento delle ambizioni ESG (Environmental, Social, Governance), l’Unione Europea ha di recente approvato una direttiva che potrebbe ridefinire gli standard aziendali globali: la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D).

Approvata dal Parlamento europeo nel giugno 2024, la direttiva impone agli Stati membri di recepirne i contenuti entro luglio 2026, con obblighi che entreranno gradualmente in vigore a partire da luglio 2027. Le soglie di applicazione variano: per le imprese UE, si parte da 500 dipendenti e 150 milioni di euro di fatturato (o 250 dipendenti e 40 milioni in settori ad alto impatto). Per le aziende non UE – come le multinazionali statunitensi – la soglia è fissata a 450 milioni di euro di ricavi generati nel mercato europeo.

Una norma di processo, non di risultato

La CS3D non impone risultati, ma richiede l’adozione di “misure appropriate” per prevenire e mitigare impatti avversi su diritti umani e ambiente, lungo tutta la catena del valore. È una norma “di processo”, che obbliga ogni impresa a disegnare un sistema di due diligence sostenibile su misura. “Il rischio, però, è che tutto si riduca a un esercizio formale di compliance”, avverte Luca Enriques, professore ordinario di diritto commerciale all’Università Bocconi e coautore del paper How the EU Sustainability Due Diligence Directive Could Reshape Corporate Americapubblicato nella ECGI Law Working Paper Series. “È per questo che il coinvolgimento degli organi apicali è cruciale per il successo della direttiva”.

Tre contributi chiave

Il paper di Enriques, Matteo Gatti (Rutgers University) e Roy Shapira (Harry Radzyner Law School)contribuisce al dibattito su tre fronti. Primo, chiarisce cosa prevede la direttiva e a chi si applica, soffermandosi sui tre pilastri della due diligence: identificare e valutare impatti avversi (per esempio lavoro forzato, ostacoli alla contrattazione collettiva, perdita di biodiversità, inquinamento), prevenirli e mitigarli, e infine porre rimedio agli impatti effettivi.

Secondo, esplora come la CS3D possa esporre gli amministratori delle aziende americane a responsabilità personali per failure of oversight. Il paper distingue tre tipologie di azioni: quelle legate all’assenza di un sistema informativo adeguato, quelle connesse alla mancata reazione a segnali d’allarme (le cosiddette red flags) e quelle che derivano dall’approvazione consapevole di un piano aziendale illegittimo (i cosiddetti Massey claims).

Terzo, il paper analizza la combinazione tra una regolazione particolarmente ambiziosa in Europa e i meccanismi di enforcement privato negli Stati Uniti. “Il rischio di essere citati in giudizio in Delaware potrebbe rendere le imprese americane più attente alla CS3D delle loro controparti europee”, osserva Enriques. In altre parole, il “Delaware Effect” potrebbe rafforzare l’efficacia del “Brussels Effect”.

La svolta Caremark

Il nodo centrale è che la CS3D rende obbligatoria l’attenzione ai rischi ESG. Questi rischi, sottolinea il paper, potrebbero diventare ora mission critical per qualsiasi azienda attiva nel mercato UE. Ignorarli può costituire una violazione del dovere di vigilanza secondo la dottrina Caremark, che negli ultimi anni ha visto un revival nelle corti americane. “Questo sposta l’asse del dibattito: non è più una questione etica o reputazionale, ma di responsabilità per danni”, evidenzia Enriques.

Conformità o cambiamento reale?

Uno dei timori centrali affrontati nel paper è quello della cosmetic compliance: l’adozione di policy di facciata, senza reali trasformazioni operative. In questo contesto, la possibilità per gli azionisti americani di intentare cause e ottenere accesso ai documenti interni (books and records) diventa un deterrente significativo contro l’inerzia.

Implicazioni pratiche

Nella parte finale, il paper fornisce raccomandazioni operative: le imprese dovranno ripensare la struttura e composizione dei propri consigli di amministrazione per integrare effettive competenze ESG. E i giudici dovranno decidere quanto estendere l’accesso alla prefiling discovery, anche in considerazione di accertamenti svolti da autorità europee.

In sintesi, la CS3D segna un cambio di paradigma. Come conclude Enriques: “Potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova fase, in cui l’Europa detta gli standard non solo per sé, ma per chiunque voglia far parte del suo mercato”.

I possibili sviluppi

Ma gli sviluppi interni alla UE, recenti modifiche al diritto societario del Delaware e il terremoto causato dall’amministrazione Trump potrebbero portare a un forte ridimensionamento degli effetti della direttiva sulle imprese sia europee che americane. Nell'UE, la Proposta Omnibus mira a ridurre gli oneri normativi della CS3D, mentre l'amministrazione Trump minaccia ritorsioni contro l'applicazione extraterritoriale delle sue regole. Il Delaware, infine, ha modificato il diritto societario limitando i diritti d'ispezione degli azionisti. Nonostante queste modifiche, l'impatto della CS3D sulle aziende americane rimarrà significativo e così quello sulle imprese europee.