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Insegnanti migliori? Puntiamo a buone selezioni

, di Michele Pellizzari - assistant professor di economia del lavoro e microeconometria alla Bocconi
Scuola. Quanto è complesso valutare a tutto tondo le qualità di chi siede dietro le cattedre italiane

Ormai, non solo tra gli economisti, si è consolidata la convinzione che l'istruzione sia uno dei più importanti, se non il più importante, motore dello sviluppo economico. Di conseguenza si sono moltiplicati gli studi che analizzano i tanti fattori che influenzano l'apprendimento, quali, ad esempio, la dimensione e la composizione delle classi e le capacità degli insegnanti.

Per quanto riguarda i docenti, in particolare, i risultati oggi disponibili confermano il fatto che la qualità dell'insegnamento è un fattore molto importante. Studenti con caratteristiche simili che hanno avuto insegnanti diversi ottengono risultati scolastici molto diversi. Tuttavia, gli stessi studi hanno anche dimostrato che identificare i docenti migliori è molto difficile perché apparentemente i risultati di apprendimento degli studenti sono spiegati solo in minima parte dalle caratteristiche osservabili dei loro insegnanti, quali ad esempio l'età, le qualifiche professionali e l'esperienza. In altre parole, sappiamo che avere bravi insegnanti è molto importante ma non sappiamo quali sono i fattori che fanno di un docente un bravo docente. Si tratta probabilmente di elementi difficili da osservare come l'impegno, la motivazione, la dedizione. Come selezionare, dunque, il corpo insegnante? E come remunerare adeguatamente i docenti migliori? Per quanto riguarda la selezione, quanto detto sopra suggerisce che il reclutamento basato esclusivamente sul curriculum accademico potrebbe non essere sufficiente. Si potrebbe, per esempio, chiedere ai candidati di preparare una lezione, come avviene (avveniva?) per i concorsi accademici. Naturalmente questo comporterebbe costi aggiuntivi nel processo di selezione e, probabilmente, anche un consistente aumento dei tempi necessari per completare le assunzioni. Si potrebbe, quindi, delegare alle singole scuole la scelta dei propri docenti, attraverso colloqui e lezioni di prova, magari tra coloro che hanno superato una prima selezione ministeriale basata esclusivamente sui titoli. Un meccanismo simile è spesso adottato dalle università, che invitano i candidati docenti a tenere un seminario o una lezione prima di deciderne l'assunzione. Per quanto riguarda la remunerazione, si potrebbero introdurre incentivi legati alla performance dei propri studenti. Si tratta, tuttavia, di meccanismi difficili da implementare, come ci insegna anche l'esperienza delle imprese private, che hanno sistemi incentivanti spesso molto complicati e in continua evoluzione. Una prima difficoltà riguarda la necessità di disporre di misure di performance attendibili e omogenee per tutti gli insegnanti e dovrebbero essere previsti adeguati aggiustamenti per tenere conto delle capacità degli studenti, in modo da non penalizzare, ed eventualmente incentivare, i docenti delle scuole più difficili.Purtroppo, l'esperienza dei test Invalsi non è particolarmente incoraggiante da questo punto di vista. I test, eseguiti in tutte le scuole e in diversi gradi, dovrebbero fornire misure di apprendimento comparabili, essendo i test identici per tutte le scuole e corretti da valutatori terzi. Ciò nonostante, si notano differenze sostanziali tra i risultati dei test nelle scuole dove era presente un ispettore esterno e in quelle nelle quali l'ispettore non c'era, rendendo così difficilmente utilizzabili le misure di apprendimento associate ai test.Inoltre, è possibile che, in previsione del test, alcuni docenti adottino forme di insegnamento finalizzate principalmente a ottimizzare la performance dello studente e non necessariamente il suo apprendimento (teaching to the test).Sembrerebbe quindi più promettente investire nel miglioramento delle procedure di selezione che non nell'introduzione di sistemi retributivi legati alla performance.