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Il Sud del futuro deve puntare su legalità e federalismo

, di Andrea Celauro
Paradiso abitato da diavoli o inferno abitato da angeli? Per uscire dalla schiavitù dei pregiudizi queste le priorità, hanno sottolineato Masciandaro, Panebianco, Quagliariello e Demarco a Economia e società aperta

Volente o nolente, i dati parlano chiaro, ha sottolineato ieri Donato Masciandaro, direttore del Dipartimento di economia della Bocconi, aprendo la quinta conversazione di Economia e società aperta presso la Sala Buzzati del Corriere della Sera: il meridione è un'economia arretrata, in cui vive un terzo della popolazione italiana, ma che produce solo un quarto del pil e un decimo delle esportazioni del paese. Colpa della scarsità di capitale sociale e civile, ossia quell'insieme di fiducia e rispetto delle regole che è terreno fertile dello sviluppo.

Per invertire la tendenza, e produrre nuovo capitale sociale, "servono etica delle regole e regole buone", ha spiegato Masciandaro. Regole che possono anche essere importate: "Potrebbe essere il caso del federalismo, verso il quale il sud dovrebbe perdere quel pregiudizio che sembra avere. Ciò che va evitato è di portare nuove risorse senza che le regole cambino, pena il rischio di aumentare, anziché diminuire, la cattiva allocazione delle risorse e quindi non aumentare il capitale sociale del sud". Far crescere il capitale sociale del meridione: è essenziale anche per il politologo e ordinario di scienze politiche Angelo Panebianco, ma non è sufficiente. Basti pensare alle regole: "In qualunque gruppo vi sono regole formali e regole informali, come certe consuetudini: quelle informali sono resistentissime. Spesso le norme formali importate dall'esterno rimangono inattive oppure producono effetti imprevisti, magari anche virtuosi, ma che sfuggono al controllo di chi le ha create". In secondo luogo, nessuna regola funziona senza un sistema di sanzioni. "I nostri parlamenti producono norme, ma il problema risiede poi nel farle applicare", aggiunge. Un problema di stato di diritto e di sicurezza, come ha sottolineato anche il senatore Gaetano Quagliariello: "La sfida del meridionalismo dell'età della globalizzazione si pone sul tema della sicurezza. La risorse vanno là dove ci sono buoni investimenti, la chiave è dunque costruire le condizioni affinché i capitali possano andare al sud, facendo sì che sia più conveniente investire qui che oltreoceano". In caso contrario, "il sud non potrà che restare depresso". Altri punti nodali di intervento, per Quagliariello, sono "le infrastrutture, la fiscalità di vantaggio e i fondi alla ricerca". Questo ultimo punto, tra l'altro, "servirebbe a frenare la fuga di cervelli e l'ulteriore impoverimento del capitale sociale del meridione che sottolinea anche Masciandaro". L'idea di una popolazione, quella meridionale, gravata dal fardello di un basso capitale sociale e civile e che, in un certo modo, si adegua irrimediabilmente al contesto, fa però storcere qualche naso. Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno e moderatore dell'incontro: "Sembra il classico pregiudizio del 'paradiso abitato da diavoli'. Il problema del meridione è che ha avuto molto statalismo ma poco stato: è quest'ultimo che avrebbe dovuto liberarlo dalla criminalità. La questione non sono i meridionali, è lo stato che ha avuto convenienza a che a volte le cose restassero come stavano". "Non un paradiso abitato da diavoli", ribatte il docente Bocconi, "piuttosto un inferno abitato da angeli. Il sud ne ha avuti molti che sono rimasti per cercare di produrre capitale sociale, invece di scegliere la strada più comoda e facile dell'emigrazione". Masciandaro concorda poi con Quagliariello: "Il paradigma corretto è 'c'è sviluppo là dove c'è legalità, non l'inverso", dunque primario è investire in legalità e sicurezza". E con Panebianco sulla necessità di saper sanzionare, cosa però difficoltosa quando "non esiste un sistema di misurazione delle performance di chi le regole deve farle rispettare, come polizia e magistratura". Sulla sicurezza, assicura Quagliariello, "negli ultimi tempi si è agito più di quanto si sia agito in passato, si veda il 'modello Caserta' nella lotta alla camorra e il movimento antiracket in Sicilia". E sulla incapacità di sanzionamento, al contrario, dei cittadini verso i politici che operano male, che, secondo Masciandaro "è scarsa nei territori a basso capitale sociale", l'idea di Quagliariello è invece diversa: "A fronte di due ambiti, il nord e il centro, che dopo il '94 sono rimasti molto stabili politicamente, è stato proprio il sud a fare da pendolo nell'alternanza dei governi, cambiando più volte schieramento". C'è invece pieno accordo sul federalismo. "Occorre però fare attenzione", puntualizza Panebianco, "perché federalismo è solo una parola, mentre contano i dettagli". Il rischio, per il politologo, "è che, così come è successo per lo statalismo in passato, una stessa soluzione istituzionale federalista per nord e sud produca effetti diversi. Non sono convinto che le stesse soluzioni porterebbero vantaggi in tutto il paese".