
Il potere nascosto del mentoring familiare: come si può migliorare le performance aziendali dopo il passaggio del testimone
Il passaggio della leadership in un’azienda familiare non è mai un dettaglio. Ogni successione porta con sé rischi di instabilità, perdita di competenze, e rottura dell’equilibrio tra famiglia e impresa. Secondo un nuovo studio (“Family CEO mentoring and post-CEO succession performance”) pubblicato su Strategic Entrepreneurship Journal da Fabio Quarato, Mario Amore (entrambi del Dipartimento di Management e Tecnologia Bocconi), Maria Sanchez-Bueno e Fernando Muñoz-Bullón (entrambi della Universidad Carlos III di Madrid) con Domenico Cambrea (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia), esiste un fattore spesso sottovalutato che può fare una differenza concreta nei bilanci aziendali: il mentoring del CEO uscente verso il nuovo leader familiare.
Mentoring familiare, molto più di un affiancamento
Nel cuore dello studio c’è il concetto di "family CEO mentoring": una co-leadership temporanea ma di almeno un anno tra il vecchio CEO (solitamente un genitore o parente stretto) e il nuovo, più giovane leader, della nuova generazione. Questo affiancamento genera un trasferimento di conoscenze tacite, valori aziendali, e una cultura della stewardship—cioè la volontà di salvaguardare il patrimonio (non solo economico, ma anche socio-emotivo) dell’azienda come bene collettivo della famiglia.
Analizzando 1.787 imprese familiari italiane che hanno cambiato CEO tra il 2003 e il 2016, i ricercatori hanno rilevato che — nelle aziende in cui il vecchio e il nuovo CEO (entrambi membri della famiglia di controllo) hanno condiviso un periodo di co-leadership – si è registrato un incremento del +0,7 punti nel ritorno sugli asset (ROA) nei quattro anni post-successione. Si tratta di un aumento di rilievo in termini di performance operativa, in un settore dove anche variazioni inferiori a 0,5 punti possono essere significative. Non si tratta però di un modello di successione molto diffuso, a dispetto della sua efficacia: solo il 7,1% delle successioni sono avvenute con questo sistema.
Dove funziona meglio: board aperti e settori stabili
Il mentoring familiare dà il meglio di sé in aziende con consigli di amministrazione “aperti”, dove almeno il 30% dei membri non appartiene alla famiglia. In questi casi, l’aumento di performance post-successione è ancora più marcato: il coefficiente stimato sale fino a +2,2 punti percentuali, segno che la presenza di competenze esterne rafforza l’efficacia del mentoring interno.
Un’ultima variabile chiave è la turbolenza del settore in cui opera l’azienda. In mercati altamente volatili, l’efficacia del mentoring familiare si riduce fino a diventare statisticamente insignificante. Questo perché la trasmissione di valori e conoscenze consolidate risulta meno utile in contesti dove l’adattamento rapido e l’innovazione contano più della continuità.
Perché questo studio è importante
Le implicazioni sono forti: in un Paese come l’Italia, dove un gran numero di imprese sono a controllo familiare, investire nel mentoring intergenerazionale può fare la differenza tra una transizione fluida e una crisi di governance. Inoltre, lo studio dimostra come il connubio tra eredità familiare e apertura a competenze esterne possa diventare un potente acceleratore di crescita.