Divieto di fumo: come trasformarlo in realta' in un paese difficile
Una buona strategia messa in campo da un imprenditore politico capace di imparare dagli errori passati è alla base dell'inatteso successo del divieto di fumo in Italia, scrivono Valentina Mele e Amelia Compagni (entrambe assistant professor presso il Dipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pubblico) in Explaining the Unexpected Success of the Smoking Ban in Italy: Political Strategy and Transition to Practice: 2000-2005 (in Public Administration Vol. 88, No. 3, 2010: 819-835).
L'Italia sembrava un candidato improbabile ad essere il primo grande paese dell'Unione europea a introdurre un divieto completo di fumo. L'approvazione (nel 2003) e l'introduzione (nel 2005) del divieto sono, così, stati interpretati come un successo inatteso e un esempio di cambiamento di policy.
Mele e Compagni analizzano due cicli di policy che hanno avuto esiti diversi: nel 2000-2001 il tentativo di introdurre il divieto, da parte dell'allora ministro della sanità Umberto Veronesi, si interruppe per la caduta del governo; mentre nel 2001-2005 il nuovo ministro, Girolamo Sirchia, riuscì a far approvare e introdurre il provvedimento.
Il punto di partenza della proposta mai passata era una legge che proibisse effettivamente il fumo. La proibizione era da considerarsi la regola, e la possibilità di fumare l'eccezione. Ma una posizione così dura non pagò. La proposta si arenò in negoziazioni parlamentari senza fine e la discussione di 110 emendamenti si trascinò per molti mesi, fino alla caduta del governo.
Sirchia adottò una strategia politica di più basso profilo allo scopo di minimizzare il conflitto politico. Diede una nuova impostazione al problema, sostituendo il tema del divieto con quello della protezione dei non fumatori e minimizzò la portata normativa del divieto proponendo non una legge, ma un singolo articolo di una legge più ampia sulla pubblica amministrazione, da collegare alla Finanziaria.
Sirchia fece anche un uso strategico dei sondaggi e delle rilevazioni che mostravano un sostegno crescente degli italiani per il divieto, così da negoziare con gli altri politici.
Il ministro evitò lunghe discussioni su problemi pratici rimandando e delegando alla Conferenza Stato-Regioni la definizione degli standard e ogni ulteriore chiarimento, inducendo così Mele e Compagni a sottolineare l'importanza della fase di "transizione alla pratica", che copre l'intervallo temporale tra il passaggio della legislazione e la sua implementazione.
"Durante la 'transizione alla pratica' i principi generali della legge vengono trasposti in istruzioni operative. A questo punto, anche se le incertezze giuridiche sono state dissipate, è ancora possibile che il processo del ciclo di policy si arresti o venga abbandonato. Il fatto che più di una decisione delle autorità di vietare il fumo nei luoghi pubblici, in Italia ed altrove, non sia mai stata fatta rispettare conferma chiaramente che tale rischio esiste", concludono Mele e Compagni.