Con la matematica verso l'infinito. E oltre
Se a bordo di un veicolo spaziale che la Nasa vuole lanciare c'è del materiale radioattivo, anche in quantità minuscole, sul tavolo del presidente degli Stati Uniti atterra un rapporto che calcola i rischi del lancio, comparandoli con i rischi, considerati socialmente accettabili, che il cittadino americano corre ogni giorno. Il presidente, al quale tocca la decisione finale, è così messo in grado di prendere una decisione che tenga conto del rischio senza che questo ne sia l'unica determinante.
Persino per la Nasa la modellazione dei rischi è un'attività diventata ancora più cruciale dopo l'incidente dello space shuttle Columbia del 2003, dopo il quale l'ente spaziale americano ha abbandonato l'approccio deterministico a favore della metodologia del "probabilistic safety assessment". Uno dei cervelli che hanno guidato questo importante cambiamento di mentalità è Curtis Smith dell'Idaho national laboratory, (Inl) l'istituto governativo all'avanguardia nella modellizzazione del rischio in settori quali la produzione di energia nucleare, i viaggi spaziali, le biotecnologie, il sistema alimentare.
Smith, in questi giorni, è ospite dell'Eleusi, il Centro per l'elaborazione logica e l'utilizzazione sistematica dell'informazione dell'Università Bocconi, che è il primo istituto non americano ad avere vinto il Faculty staff exchange program dell'Inl. Il direttore dell'Eleusi, Emanuele Borgonovo, autore della proposta scientifica, è stato a Idaho Falls a luglio, mentre Smith, in questi giorni, è alla sua seconda visita a Milano. Grazie all'expertise in teoria dei rischi che l'Eleusi ha maturato, i due stanno discutendo del possibile utilizzo di alcuni strumenti matematici ideati all'Eleusi da Borgonovo nella modellazione del rischio per il programma Constellation, quello che sostituirà lo space shuttle.
"Il calcolo del rischio di una missione spaziale è più complesso di quello che riguarda un impianto nucleare. Per un'attività continua come la produzione di energia possiamo individuare delle soglie di rischio da non superare, mentre nelle missioni spaziali, dove quasi ogni circostanza è unica, questa soglia è difficile da determinare. La decisione finale deve sempre bilanciare i rischi, i benefici e le alternative. Non escludo che i viaggi spaziali possano essere resi ancora più sicuri, ma utilizzando ingenti fondi che potrebbero, altrimenti, andare alla ricerca contro il cancro, la sicurezza stradale o l'educazione. Quel che è certo", prosegue Smith, "è che i rischi, negli anni, sono diminuiti. Il programma Apollo ha perso un equipaggio su 13; lo Shuttle due su circa 125; ha fatto, cioè, cinque volte meglio. Constellation dovrà migliorare ancora".
"Il rischio zero è un limite a cui tendere," chiarisce Borgonovo, "che ci spinge ad innovare le tecniche e affinare le metodologie. La velocità di ricezione delle innovazioni e l'abilità di tradurle in supporto al processo di decisione, grazie alla costante interfaccia tra agenzie governative e comunità scientifica, rendono il sistema americano un esempio da seguire".