Videogiocando s'impara
Organizzare una battaglia, sviluppare una città e gestire una squadra di calcio nel corso di un campionato hanno almeno tre cose in comune. Prima di tutto sono attività basate sulla pianificazione competitiva, poi sono simulate da numerosi videogiochi e, infine, possono svolgere un ruolo importante nel processo didattico dell'economia.
"Titoli di videogiochi popolari, soprattutto all'estero a dire il vero, come Age of Empires, Civilization o Sim City, dettano delle condizioni base, date le quali il giocatore deve sviluppare risorse, tecnologie e quant'altro gli può essere utile alla crescita di un'impresa che, di volta in volta, si caratterizza in modi diversi, come la conquista territoriale o la costruzione di una città", spiega Luigi Proserpio, giovane docente di organizzazione aziendale all'Università Bocconi di Milano e responsabile del Ted, il servizio della Sda Bocconi sorto per produrre strumenti di insegnamento innovativi, facili da usare ed efficaci. "Ma non solo: con l'adeguato supporto dei docenti questi videogiochi di real-time strategy o tactical shooting possono diventare un efficace strumento di formazione".
Da quando l'utilizzo di internet si è fatto universale i docenti universitari notano alcuni cambiamenti nell'approccio degli studenti a ogni genere di testo. "Da una parte è diminuita la capacità di sistematizzazione, ma dall'altra è aumentata la capacità di fare collegamenti tra concetti apparentemente lontani tra di loro", spiega Proserpio. "Solo che, senza sistematizzazione, i collegamenti rischiano di rimanere fini a se stessi. In questo nuovo contesto deve cambiare anche l'approccio di noi docenti, che dobbiamo aiutare chi ha fatto i collegamenti a capire i collegamenti". Proprio in questo i videogiochi possono aiutare.
Gli italiani che giocano al computer, secondo una recente rilevazione dell'Associazione editori software videoludico italiana (Aesvi), sono 18 milioni, e il fenomeno non è tipicamente maschile, come si pensava fino a poco tempo fa, perché il 40% dei giocatori è costituito, in realtà, da giocatrici. Il genere più gradito risulta quello dei giochi di strategia, insieme a quelli di avventura. Su scala mondiale, l'industria dei videogiochi ha ormai superato quella cinematografica.
Lo hanno capito le università, tra cui la Bocconi, che utilizza il business game Economix, nel processo di orientamento, ma lo ha capito perfettamente anche l'Onu. A maggio di quest'anno il World food programme, l'agenzia delle Nazioni unite per l'aiuto alimentare, ha annunciato che Food force, un gioco scaricabile gratuitamente al sito www.food-force.com, ha raggiunto il milione di giocatori.
Un videogioco di strategia, astraendo dagli aspetti grafici (comunque importanti in giochi come Playboy: the mansion), è un sistema di equazioni, ovvero un insieme di regole di funzionamento di certi fenomeni. In un gioco sulla gestione di una città, per esempio, un'equazione potrebbe dirmi quanto aumenta il traffico se una certa zona viene edificata ad uffici; un'altra mi può indicare di quanto aumenta l'inquinamento al crescere del traffico; una terza quanto diventino più frequenti le giornate di blocco alla circolazione all'aumento dell'inquinamento. Ecco che il giocatore che decide di far costruire uffici in una certa zona, se non sta attento, si troverà prima o poi a fare i conti con il malcontento dei cittadini costretti a lasciare l'auto a casa.
"Nel videogioco non si espongono dieci teorie in dieci giorni di lezione", chiarisce Proserpio, "ma le si fa funzionare tutte insieme. Il giocatore abile finisce per capire come deve comportarsi, ma perché si abbia apprendimento ci deve essere un momento finale in cui qualcuno tira le somme e svela i meccanismi che sono stati attivati in modo quasi istintivo. Sarebbe bello che, già nelle scuole, qualche docente sperimentasse un metodo simile".
Il tentativo non si scontrerebbe con il disinteresse degli studenti. Chi gioca per passione finisce per interessarsi a tutto quello che ruota attorno a quel mondo, come dimostrano le almeno 25 riviste di settore esistenti in Italia, con un venduto che si stima attorno alle 350.000 copie al mese.
All'università vengono sempre più spesso utilizzati quei videogiochi in scala minore, quasi sempre privi di interfaccia grafica, che sono i business game. Sviluppati, per lo più, dagli stessi docenti che li utilizzano, i business game costituiscono certamente una radicale semplificazione della realtà, ma hanno il vantaggio di porre l'accento sugli aspetti più problematici, o comunque su quelli che il docente intende affrontare.
I titoli usati alla Bocconi non sono tutti suggestivi come Lustra e lava, ma la logica di funzionamento di Firm reality o Eis è la stessa.
Le tecnologie aiutano a trasformare in qualcosa di simile a un videogioco anche i più tradizionali casi aziendali, che consistono in un testo che presenta un problema aziendale "dal vivo" e richiede agli studenti di risolverlo. Il Ted mette a disposizione dei docenti Smart cases, un kit di conversione che li aiuta a trasformare casi tradizionali in casi multimediali. La chiave dell'efficacia di un caso è il coinvolgimento dei partecipanti e il carattere statico di quelli tradizionali può essere un ostacolo. Il kit consente ai docenti di mettere a disposizione dei partecipanti la documentazione rilevante a tappe, in tempi prestabiliti e serrati, che rendono il processo di soluzione divertente e sfidante.