Una tela di Penelope
I bilanci delle amministrazioni pubbliche italiane hanno bisogno di riforme? A sentire gli operatori, la vera riforma necessaria per la p.a. consisterebbe nel bloccare l'introduzione di nuove riforme.
Ileana Steccolini |
Le riforme del bilancio pubblico sono state, negli anni, numerose. Una valutazione superficiale potrebbe far pensare a un legislatore attivo e innovativo, ma uno sguardo più attento può rivelare che la caratteristica principale di tali riforme è piuttosto quella di essere una tela di Penelope. Esse alternano nel tempo centralizzazione e decentramento, enfasi sui controlli interni o esterni, spinte all'autonomia manageriale e aziendale e ritorno a vincoli burocratici, adozione di nuovi sistemi contabili (contabilità economica e bilancio consolidato) e riaffermazione o rafforzamento della centralità di quelli tradizionali (contabilità finanziaria, sistema di cassa).
In parte ciò è il riflesso del mutare della società, dell'economia, delle istituzioni. In pratica, però, l'incertezza e l'eccessiva mobilità legislativa possono tradursi in immobilità amministrativa. La sfida delle riforme contabili, allora, si gioca non solo a livello tecnico, ma anche a livello politico e manageriale.
Sul piano tecnico, è possibile oggi migliorare i bilanci pubblici in tre modi. Primo, collegando più strettamente gli sforzi di misurazione della performance organizzativa con il ciclo 'politico' e finanziario del bilancio nonché con il concreto andamento della gestione. Secondo, investendo nella trasparenza, intesa non solo come requisito formale dei documenti di bilancio e siti internet imposto dalla legge, ma anche come irrinunciabile componente della cultura aziendale e dell'etica professionale del manager pubblico. L'adozione della logica open data e l'introduzione del bilancio consolidato possono rappresentare interessanti esempi in tale direzione. Terzo, evitando duplicazioni e verificando la compatibilità e integrazione con l'esistente quando vengono introdotti nuovi strumenti. Ad esempio, nel tempo leggi diverse hanno comportato la stratificazione dei documenti di pianificazione, programmazione, controllo, report e documenti consuntivi, provocando confusione e accumulo di obblighi normativi, a cui non necessariamente è corrisposto un effettivo uso dei documenti, né un miglioramento dei processi decisionali.
Analogamente, da almeno vent'anni in occasione di ogni riforma di contabilità pubblica, dopo animato dibattito, si giunge ad affiancare la contabilità economico-patrimoniale alla tradizionale contabilità finanziaria, nonostante l'evidenza abbia mostrato la scarsa efficacia della loro coesistenza.
Sul piano politico occorre che le riforme contabili siano il risultato di un'assunzione di responsabilità, non solo al momento della loro approvazione, ma anche nella fase di attuazione, e quindi che l'emanazione di nuove normative sia accompagnata da processi atti a facilitarne l'implementazione. In termini manageriali, ciò richiede non solo un orientamento all'innovazione, ma anche uno sforzo volto ad assicurare un efficace processo di cambiamento. A tal fine, occorre investire nella creazione di capacità tecniche e di leadership, ma anche essere consapevoli che il successo della riforma dipenderà anche dalla nuova configurazione di poteri, interessi e valori che essa genererà e che a loro volta influenzeranno il funzionamento quotidiano delle amministrazioni pubbliche.